Il vescovo scrive alla Comunità per la festa di Pasqua: “Prendiamoci cura gli uni gli altri”
I due Angeli così si rivolsero alle donne che il mattino di Pasqua si recarono al Sepolcro dove era stato deposto Gesù. Questo interrogativo deve scuoterci, animarci e metterci in cammino, scrutando e additando la luce del mattino di Pasqua a chi è ancora nelle tenebre della solitudine e dell’angoscia. Certo, come dice Papa Francesco: “Siamo in bilico: tra ombre di questo momento lugubre e denso di paura e la speranza” (Fratelli tutti, 54-55). Realmente è così. Mai come in una notte insonne, si desidera l’alba del giorno nuovo! Questo è il nostro stato d’animo. Questa è la lunga notte dell’intera umanità provata dalla pandemia, dalla fame, dalla mancanza di libertà e di pace, sia a livello individuale e familiare sia universale.
Quest’anno festeggiamo in modo particolare San Giuseppe, a centocinquant’anni dalla sua proclamazione a patrono universale della Chiesa. Nella sua Lettera Apostolica Patris corde, Papa Francesco ci invita a contemplare l’umile falegname di Nazaret, come colui che mai si è arreso dinanzi ai dubbi della vita; come colui che si è sempre fidato ed affidato al Signore, facendosi discepolo e custode di suo Figlio Gesù. È una bella coincidenza.
A San Giuseppe “protettore dell’infanzia, degli sposi, della famiglia, dei lavoratori, delle vergini, dei profughi, dei morenti” (San Paolo VI, 1969), ci rivolgiamo con particolare affetto e devozione.
Coraggio, fratelli e sorelle! Prendiamoci cura gli uni degli altri; facciamoci buoni cirenei di coloro che fanno fatica a portare la loro croce. Sappiamo che la cura non è sinonimo di guarigione, ma questa, certamente, non c’è senza quella. Noi facciamo la nostra parte e chiediamo al Signore che trasformi il lutto in gioia, il dolore in letizia e la morte in vita. Stare in croce è solo collocazione provvisoria (cf Tonino Bello). La vera e definitiva collocazione è quella della Pasqua di Risurrezione, della vita e della luce senza tramonto. Facciamoci diffusori di questa verità. Non cerchiamo il Vivente tra i morti, ma portiamo semi di vita eterna, ovunque ci sono gemiti di sofferenza e di disperazione.
A tutti, vicini e lontani, credenti e non, giunga il mio abbraccio fraterno e paterno! Un grazie sincero e corale vada a quanti, in ogni modo, sono in prima linea, a soccorrere le vittime del Covid19 e di ogni altro disagio. Cristo ci faccia assaporare la gioia della Risurrezione e del trionfo della vita sulla morte.
Auguri di Risurrezione!
+ Mons. Domenico Cornacchia –Vescovo