“Il Talos Festival è il grido di dolore di una Ruvo di Puglia che ha tante meravigliose potenzialità”: così il direttore artistico Pino Minafra
Il jazz è il grido di dolore, d’amore degli schiavi neri d’America che nella musica trovavano riscatto alla loro triste e imposta condizione. Il Talos Festival di Pino Minafra è il grido di dolore, di amore e di passione di un Sud dagli intensi e sensuali colori del fuoco, del sole, della terra e del mare, quelli delle cartoline che negli anni d’oro del festival, gli anni Novanta, gli anni di Minafra, gli anni di Rava, di Breuker, di Sepe, di Trovesi e tanti altri musicisti di notevole levatura hanno racchiuso l’essenza e i simboli del festival, “della melodia, della ricerca, della follia”; il Sud della gente che lavora nonostante le becere etichette; di un Sud dalle potenzialità che politici – a qualunque livello – miopi e indifferenti, che si barricano talvolta dietro scuse quali “ci sono altre priorità da affrontare” sottintendendo che la cultura non è tra esse, tentano di soffocare.
“Ora o mai più!” ha esclamato Pino Minafra nel corso della conferenza stampa nell’atrio di Palazzo Caputi, che si è svolta ieri a mezzogiorno, con l’Assessora alla Cultura Monica Filograno e il sindaco Pasquale Chieco, durante la quale è stato annunciata l’archiviazione dell’edizione 2016 del Talos per garantire una governance più stabile in vista delle prossime edizioni.
Persone con le quali Minafra ha instaurato un rapporto di fiducia, che sente fortemente in sintonia nella realizzazione della sua visione di Ruvo di Puglia, città della musica e non del “mattone”, non degli interessi spartitori. Persone con cui fare rete per salvare un’eccellenza: se fino ad ora, tranne qualche caso illuminato, Minafra è stato altro con il “Comune”, nel senso che non c’era alcuna interazione, nessun feedback, gli davano dei miseri contributi e via. Con questa amministrazione, lui si sente tutt’uno e l’attuale amministrazione si sente tutt’una con Minafra, perché nella realizzazione di questi e tanti altri progetti l’interazione, la rete tra istituzioni e privati non deve mai mancare, come ribadito da Chieco che ha lodato anche la triennalità delle risorse pubbliche che consente di fare una programmazione seria.
Minafra ha raccontato dei suoi trent’anni di attività nel panorama jazzistico internazionale, della sua avventura con Vittorino Curci con l’Europa Jazz Festival di Noci, con la Italian Instabile Orchestra che incontrò il mito Cecil Taylor, con il Talos, con la Minafrìc, fondata con suo figlio Livio, l’adesione al Progetto “For Mandela” con Louis Moholo – Moholo.
Progetti apprezzati in Italia ma osannati all’estero, progetti creati in sinergia con altri talenti, progetti elaborati da un lavoratore della musica, da uno che crea melodie e si rimbocca le maniche per dar vita a splendide realtà, come splendido è il Sud.
Pino Minafra, tra l’altro, ha raccontato che originariamente il Talos doveva celebrare l’anima di Ruvo di Puglia, con la banda – e questo lo realizza – e anche i riti della Settimana Santa perché la cultura non ammette compartimenti stagni; nella cultura le arti, gli usi, le tradizioni, la storia interagiscono tra loro.
Pino Minafra è grato del fatto che ora questa sua creatura potrà essere irrobustita con una cura efficace, una cura che è stata decisa nel corso di un incontro con Chieco e Filograno, durante il quale dal trovare soluzioni per creare una seconda edizione “salvavita” del Festival – situazione creata dalla defaillance di chi non ha inviato nei tempi la domanda di patrocinio al Ministero (“ma il Ministero come può accorgersi di te se non fai un’azione incisiva, se non solleciti la sua attenzione?” chiede provocatoriamente il Maestro) forse per il cambio di Amministrazione – si è deciso di fare un passo indietro per fare dieci passi avanti, quindi dando vita a un’edizione 2017 che dia vigore e stabilità al Festival e soprattutto lo renda scevro da variabili politiche, sociali ed economiche, perché il Festival dovrà sopravvivere a tutti, dovrà diventare un valore, il valore di un Sud, di una Ruvo di Puglia vivace, laboriosa, colta, orgogliosa delle proprie radici. Come Minafra.
(Foto in evidenza di Veronique Fracchiolla)