Attualità

IL SUPER LABORATORIO COVID NELL’OSPEDALE “DI VENERE”

Dalla lotta ai tumori al contrasto al virus Sars-Cov 2. E’ frutto di una vera e propria metamorfosi il Laboratorio Covid dell’Ospedale “Di Venere” di Carbonara, che con l’arrivo dell’emergenza sanitaria ha dovuto cambiare, e anche velocemente, la propria mission, riuscendo in poco tempo a raggiungere un volume di oltre 300 tamponi analizzati ogni giorno.

E’ il risultato dell’impegno di tante professionalità, del sostegno della Direzione Generale della ASL Bari e del lavoro d’équipe tra l’Unità operativa di Patologia Clinica, diretta dal dr. Edmondo Adorisio, e il Servizio centralizzato di Citologia e Screening, di cui è responsabile la dr.ssa Michela Iacobellis.

Un laboratorio riconvertito

Il Servizio di Citologia e Screening dall’8 marzo scorso ha cambiato strada, convertendosi anche in Laboratorio Covid ed entrando a pieno titolo, dal 25 marzo successivo, nella Rete regionale dei laboratori Sars-Cov 2 istituita dalla Regione Puglia. «Questa struttura – dice il dr. Edmondo Adorisio – è nata dalla riconversione parziale del Laboratorio di Cito-isto-patologia screening della ASL di Bari e opera suddividendo l’attività lavorativa in due cicli, uno tradizionale e l’altro in urgenza, in funzione 24 ore al giorno: qui non ci fermiamo mai…».

Il mutamento è stato innanzitutto logistico, in quanto è stata riservata una parte degli ambienti all’attività di analisi Covid, in modo del tutto sicuro e isolato rispetto al resto del laboratorio. Una riconversione attuata applicando rigorose misure di sicurezza per il personale che, come in ogni altro reparto Covid, utilizza dispositivi di protezione individuale in grado, a seconda delle lavorazioni in corso, di ridurre al minimo i rischi di contagio. Fondamentale, inoltre, l’utilizzo di apparecchiature e strumenti idonei ad affrontare la nuova sfida. Per questo sono state acquistate delle cappe aspiranti a flusso laminare per biologia molecolare, con livello di sicurezza classe Bls 2, che consentono di contenere il rischio nella manipolazione dei tamponi oppure i dpi di contenimento classe 2-3, adatti anch’essi a maneggiare in sicurezza i tamponi del coronavirus.

Laboratorio Covid da 300 analisi al giorno

E così è partito il Laboratorio Covid del “Di Venere”, inizialmente in grado di analizzare appena 36 tamponi e oggi capace di raggiungere e superare i 300, con punte di 350. Divenuto nel frattempo una struttura autonoma e certificata, è ora operativo giorno e notte h 24 e ha due linee di trattamento dei tamponi, con la possibilità d’impiegare una metodica rapida (circa 45 minuti per otto tamponi) che consente di analizzare i casi urgenti, ad esempio i pazienti ricoverati. Per gli altri casi, invece, il Laboratorio del “Di Venere” procede con la metodica tradizionale, che porta via dalle 6 alle 8 ore per ogni tampone da processare, anche tenendo conto della disponibilità di reagenti. «Questo laboratorio – conferma Iacobellis – è oggi in grado di rispondere alle richieste del nostro Ospedale e a quelle esterne provenienti dal Dipartimento di Prevenzione, da tutti gli altri Ospedali e Pronto Soccorso ASL. Alla fine del processo i dati vengono inseriti direttamente nel software dell’Istituto Superiore di Sanità, con cui siamo collegati in tempo reale».

Una potenzialità che potrà aumentare ulteriormente con l’arrivo dalla Protezione Civile della Regione Puglia di un nuovo macchinario di cui si sta valutando, proprio in questi giorni, la sensibilità nel rilevare il virus. «Il Laboratorio del “Di Venere” – sottolinea il Direttore Generale ASL Bari, Antonio Sanguedolce – sta lavorando per incrementare sempre di più la capacità di eseguire tamponi. C’è una stretta sinergia tra la Patologia Clinica e il Laboratorio Citoscreening, che con il loro impegno professionale consentono di utilizzare al meglio le tecniche di biologia molecolare. Inizialmente abbiamo dato disponibilità alla Regione Puglia di poter eseguire 150 test al giorno, ma attualmente stiamo assicurando circa 300 tamponi e oltre, ma cercheremo di aumentare questa potenzialità ancora di più, sino a raggiungere i 400 test giornalieri. Questa disponibilità sempre maggiore può consentire di individuare e interrompere quanto prima le catene di contagio territoriali».

Il team di operatori

Strumenti, struttura e risorse umane. La “piccola rivoluzione” del Laboratorio Covid è stata possibile anche perché la ASL Bari ha reclutato nuovo personale, in particolare dirigenti biologi e tecnici di laboratorio, per rinforzare l’organico, oggi composto da 18 unità, tra cui 6 biologi, 3 medici (2 anatomo-patologi e 1 microbiologa), 7 tecnici di laboratorio e 2 ausiliarie. Rinforzi che sono arrivati pure da altri laboratori analisi, dal San Paolo, da Putignano e dalla Patologia Clinica del “Di Venere”.

La vecchia “mission”

Il Laboratorio di Citopatologia e Screening è un servizio centralizzato che normalmente si occupa di analisi istologiche e screening del carcinoma del collo dell’utero, con una capacità di circa 50mila test annui. Continua, dal punto di vista organizzativo, ad operare all’interno del Dipartimento della Medicina di Laboratorio, assieme alle patologie cliniche di tutta la ASL Bari e ha come riferimento il Laboratorio di Patologia Cinica del “Di Venere”, un hub da quasi 2milioni di esami l’anno. Sul versante dell’operatività, invece, il Laboratorio di Citopatologia ha conservato sia l’attività di screening di secondo livello (per gli approfondimenti richiesti in caso di esami di primo livello positivi) sia le funzioni di centro unico di raccolta dei campioni di anatomia istologica, per tutta l’ASL e attualmente per le sole urgenze, che poi vengono convogliati verso l’Istituto Tumori di Bari, polo specializzato per le analisi e le diagnosi di natura oncologica.

L’indagine epidemiologica con test rapidi

Parallelamente all’attività di analisi effettuata con i tamponi, proprio nel “Di Venere” è stata posizionata la prima delle apparecchiature Point-of-care testing (POCT) che eseguiranno, con i primi 5mila test, un’indagine epidemiologica in tutti gli ospedali ASL Bari. Grazie all’impiego del test rapido sierologico, in dieci minuti si può individuare la presenza e la quantità di anticorpi IgG e IgM, traccia dell’avvenuto contatto con il virus Sars-Cov 2. «I test sierologici – ricorda Adorisio – non fanno diagnosi ma ci danno un quadro della diffusione del virus. In una prima fase l’indagine riguarderà i dipendenti ospedalieri dell’azienda sanitaria e, successivamente, si allargherà a tutti gli altri e anche a medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici della continuità assistenziale».

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