IL SINDACO A DOROTEA FRACCHIOLLA: “ANCHE LEI È, COME ME E COME IL COLIBRÌ, PARTE DI QUESTA SFIDA RUVESE, PUGLIESE, ITALIANA, EUROPEA E MONDIALE”
Non si è fatta attendere la risposta del Primo Cittadino alla lettera che la ruvese Dorotea Fracchiolla, originaria di Ruvo di Puglia e attualmente in Austria, ha inviato alla nostra redazione nei giorni scorsi:
“Carissima Dorotea, mi perdoni se mi rivolgo a lei così confidenzialmente pur non conoscendola, ma la sua bellissima lettera pubblica mi spinge a usare questa modalità, perché le sue parole, intense in ogni passaggio, mi hanno emozionato molto e le rispondo senza formalismi, provando a dirle tutto ciò che spontaneamente mi viene di scrivere.
Mi dispiace che lei non sia riuscita a contattarmi, quando ha avuto desiderio e modo di farlo, ma come vede e come lei sa benissimo, vista la sua esperienza di vita e di lavoro in un’altra nazione, un modo per comunicare si trova sempre e queste settimane ce lo stanno più che mai insegnando.
Ascoltarsi o leggersi a vicenda è certamente un modo per sentirsi vicini anche quando la distanza fisica ci impedisce un contatto più diretto. E a me ascoltare e leggere, come anche scrivere, piace molto da sempre. La mia professione me lo ha insegnato e la mia vita da sindaco me lo ricorda ogni giorno che valore irrinunciabile sia quello della comunicazione.
Ciò che lei mi dice mi porta a sentire con forza il suo grande amore per la nostra città, per la sua famiglia, per le sue origini, che in questo momento le sono lontane ma che, non dubito, lei saprà trovare quotidianamente il modo per avere vicino e accanto e per far sentire la sua vicinanza a chi le è caro.
Credo di aver capito quale sia stata la sera in cui mi ha visto e aspettato tra le nostre luci d’artista (che sono soprattutto luci di comunità) mentre chiacchieravo in un negozio nella piazza principale della città. Se è la stessa sera alla quale io sto pensando, sappia che ero proprio con il nostro ideatore del progetto luminoso e insieme a lui mi confrontavo con alcuni cittadini e cittadine che non mi risparmiano critiche, a volte anche forti, e che in quel momento avevano avuto voglia di dedicare un po’ del proprio tempo a noi due, che passeggiavamo appunto fra le luci, e di confrontarsi con noi, devo dire in modo molto produttivo e positivo. Quando ci si incontra, quando si esce dallo spazio “protetto” dei social, ci si guarda negli occhi e ci si capisce sempre meglio e quello è stato un momento così, di ascolto e di parola. Bello che lei me lo faccia ricordare ora che di contatti non possiamo averne e ora che quel grande sforzo di mettere in gioco una comunità, puntando nel caso delle luci sulla creatività, è un ricordo purtroppo lontano, ma anche un obiettivo che tutti insieme vogliamo tornare a raggiungere nei vari modi possibili per chi fa politiche pubbliche e per chi vive, o visita, una città bella come la nostra. Il suo GRAZIE è il mio grazie, alle tante persone che credono in quello che fanno e che lo fanno con impegno passione, come lei fa il suo importante lavoro in Austria, da dove ora non le è agevole tornare in Italia.
Apprezzo molto la sua scelta di non tornare, pur nel sacrificio di questo atto, ma lei fa bene ad agire così. Lo stiamo dicendo e ripetendo e facendo sino alla nausea: solo restando a casa ora, possiamo costruire la possibilità, e farla diventare certezza domani, di tornare per strada, nelle piazze, nelle vie, nei negozi, nei teatri (nel nostro futuro teatro comunale!), nelle scuole. E possiamo far sì che quel domani non sia troppo lontano e che non sai troppo difficile rimettere insieme, con l’impegno di ognuno, i tasselli di un modo di stare nel mondo che ora è diventato futuro e che fino a qualche settimana fa invece era il nostro presente, il nostro quotidiano. Fa bene lei e fanno bene tutte le persone che stanno sacrificando le proprie abitudini in nome di una grande sfida collettiva cui la nostra storia ci ha chiamato. Molti non ce l’hanno fatta a compiere la sua stessa scelta, comprendo la rabbia che lei prova, ma la invito a stare nella sua scelta e a farne un esempio per altri. Chi è tornato ha commesso un’imprudenza per la propria famiglia e per la propria città, è vero. Ma non possiamo conoscere le ragioni più profonde di un fenomeno di cui vediamo solo ciò che appare: la corsa a tornare indietro. Si è detto tanto su questo, il nostro governo regionale e noi sindaci pugliesi abbiamo dovuto assumere misure urgenti per arginarne i rischi in un momento così delicato in cui non c’era veramente bisogno di aggiungere altro a quel tanto che già avevamo da fare. Ma non possiamo davvero sapere le ragioni di ognuno, le possibili difficoltà a stare fuori senza poter studiare o lavorare, a mantenersi economicamente, a lasciare soli i propri genitori. Ci può essere di tutto dietro un gesto impulsivo, anche solo il panico determinato dalla fuga di notizie e che non tutti sanno gestire e sostituire col coraggio di una scelta come la sua e di tante altre persone che restano a Vienna, a Roma, a Londra, o altrove lontano come mio figlio, chiuso in casa e senza poter lavorare, ma rimasto anche lui lì, a casa. Quella casa, che non è la nostra, ma che è una casa e che molti invece non hanno, magari hanno solo una stanza, un posto letto in una casa per studenti o chissà cosa. Anche per questo esistono le amministrazioni pubbliche, per correggere il tiro delle scelte individuali e per trasformarle in azioni collettive ponderate.
Sento che, in fondo, scrivendo a me, lei scrive a tutta la sua città d’origine. Fa bene, abbiamo bisogno tutti di essere incoraggiati e, perché no, gratificati per quello che facciamo. Personalmente ho scelto e scelgo ogni giorno di essere accanto ai vigili e ai carabinieri che stanno tutelando in prima fila la città affinché le regole siano osservate; ai dipendenti comunali che stanno continuando a lavorare, da casa e in sede, perché tutto quello di cui oggi abbiamo bisogno, funzioni e perché non si fermi il futuro; ai cittadini che hanno la necessità di affrontare e risolvere i tanti problemi che la gestione di questa emergenza provoca. Ma io sento di doverlo fare anche perché, come lei mi insegna e come fanno tutte le persone che sono rimaste laddove normalmente vivono e lavorano, la casa non è solo l’appartamento nel quale viviamo, ma è anche lo spazio e il tempo che abitiamo, nel quale operiamo, ci muoviamo, costruiamo, cadiamo e ci rialziamo ogni giorno. E un sindaco abita lo spazio della città, prima ancora della propria casa.
Grazie carissima Dorotea. Grazie davvero e coraggio! Non so se questa Pasqua sarà come le altre, né per noi né per tutte le nostre città abituate a vivere con intensità e partecipazione i riti religiosi e tradizionali di quei giorni. Non lo posso sapere ancora e non dipende da me. Lo capiremo fra qualche settimana e faremo quello che sarà possibile e soprattutto giusto. Ma certamente so che tutto dipende da quanto sapremo e sappiamo fare insieme per curare la ferita che questa epidemia ha generato nel nostro mondo e per introdurre i profondi cambiamenti nel nostro modo di vivere che ci sollecita la crisi sistemica che dall’epidemia sta derivando.
In questi giorni circolano tante storie e tanti stimoli per immaginarci migliori, soprattutto sulla rete. Circola molto per esempio la famosa favola del colibrì, che cominciò da solo a spegnere l’incendio di una grande foresta con una goccia d’acqua alla volta, fino a che non si aggiunsero con lui tutti gli altri animali più forti e più grandi e solo tutti insieme in una notte buia e faticosa, ci riuscirono! Quella semplice storia, che a me ricorda il nostro amico Guglielmo, ci insegna e ci ricorda che “insieme si può”. Anche lei è, come me e come il colibrì, parte di questa sfida: ruvese, pugliese, italiana, europea e mondiale.
Grazie per averlo saputo dire con tanto sentimento.
Pasquale Chieco
Sindaco di Ruvo di Puglia”