Il ritratto di San Giacomo Apostolo nella nuova chiesa omonima tra religione, arte e storia
San Giacomo Apostolo, il “padrone di casa”, come lo aveva chiamato Don Gianni Rafanelli in conclusione di una Santa Messa, ha il suo ritratto nella moderna chiesa omonima a Ruvo di Puglia.
Benedetto il 23 ottobre dal Vescovo della Diocesi, Monsignor Domenico Cornacchia, durante le Cresime (essendo stato realizzato anche grazie al contributo dei cresimandi), il ritratto del Santo si staglia contro la parete bianca che delimita la cappella dall’aula principale.
L’opera su tela è di Gregorio Sgarra, presente ieri alla conferenza tenutasi in chiesa e alla quale hanno partecipato la dottoressa Chiara Stella Sasso, restauratrice di opere d’arte, e il parroco Don Gianni.
Gregorio Sgarra non ha parlato ma la sua opera narra di un uomo che tesse un costante dialogo con Dio, che ha reso omaggio all’arte antica e, in particolare, al pittore barocco Simone Cantarini senza imitarlo, ma donando alla comunità una visione personale del Santo pellegrino e combattente.
Perché nell’iconografia classica, come spiegato dalla dott.ssa Sasso, San Giacomo è raffigurato sdegnoso, a cavallo, con una spada mentre combatte contro gli infedeli. Ma è anche un pellegrino, è il Santo con un sanrocchino e una conchiglia che ha viaggiato per diffondere il Vangelo in tutto il mondo conoscibile di allora, insieme a suo fratello Giovanni, l’Evangelista, fino a trovare la morte (è il primo Apostolo martirizzato) in Terra Santa per mano di Erode Agrippa I ed essere sepolto in Spagna, una sua terra di missione.
D’altronde Santiago de Compostela è la città galiziana dedicata al Santo, il cui nome, pare, deriva da una pioggia di stelle che, nell’813, avrebbe indicato a un eremita il luogo della tomba del Santo.
Don Gianni ha parlato della figura di San Giacomo nel Vangelo, di San Giacomo che, con San Pietro e San Giovanni, assiste alla Trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor e alla sua agonia nell’orto del Getsemani. Di San Giacomo, uomo umile, che segue Gesù, abbandonando il lavoro di pescatore.
La dottoressa Sasso, poi, ha “letto” l’opera, spiegando il significato dei cromatismi, delle pose che invitano a seguire il suo esempio, della simbologia, facendo paragoni con le opere dei grandi del passato e tracciando un quadro storico dell’iconografia sacra nei secoli.
I toni del ritratto sono smorzati perché Sgarra ha svolto un lavoro interiore, ha dialogato con Dio; lo sguardo estatico di San Giacomo è simile a quello della Madonna Sistina di Raffaello; lo sfondo pieno di nubi non è sontuoso ma dà risalto alla figura del Santo, perché solo spogliandosi di ogni artifizio si raggiunge la verità.
I colori blu e bianco del vestito del Santo ricordano quelli dell’abito talare della Congrega di San Giacomo di Rimini e Don Gianni conclude, alla fine, dicendo che i piedi, le mani e il volto sono scoperti perché strumento della Verità rivelata in quanto simbolo della sua diffusione nel mondo, dell’esempio e della Fede.
Alla fine della conferenza sono stati consegnati ai fedeli un’immaginetta del Santo e un libricino sulla sua vita e sul suo culto.