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IL RACCONTO DI CESARE CAPUTI: “COSÍ STIAMO AFFRONTANDO IN SVEZIA L’EMERGENZA CORONAVIRUS”

2.827,9 sono i km che dividono Ruvo di Puglia da Stoccolma. 2.827,9 sono i km che dividono il ruvese Cesare Caputi, di venticinque anni, dalla sua famiglia.

La voglia di realizzarsi, di coronare i propri sogni e di affermarsi in un momento in cui dominano, purtroppo, ansie e paure.

Lasciare la propria famiglia per volare nella capitale della Svezia in un momento drammatico e ancora incerto, per affrontare una prova per la quale, come tutti, non ci si prepara all’università.

Studio Mechatronic Engineering al Politecnico di Torino – ci scrive Cesare – e quando è sorto in Italia il problema Coronavirus mi trovavo ancora a Torino. In Piemonte, però, c’erano solo un paio di casi ma nessuno ancora a Torino.

Attualmente sono a Stoccolma per la tesi magistrale. Sono arrivato i primi di marzo, poco prima che tutta l’Italia venisse dichiarata zona protetta”.

Gli italiani in Svezia hanno scritto al governo di Stoccolma perché si prendano misure per affrontare l’epidemia, guardando anche all’Italia.

Attualmente in Svezia – continua Cesare – ci sono circa 1500 casi di cui poco meno della metà sono a Stoccolma.

Solo da un paio di giorni hanno deciso di chiudere il KTH (l’università), ma non ci sono state delle misure restrittive come in Italia. Hanno solo cancellato eventi con più di cinquecento persone, invitato a lavorare da casa e ad attenersi alle normali misure di igiene come lavarsi le mani, evitare strette di mano, etc. 

Stanno un po’ sottovalutando la situazione nonostante ci siano circa 150 casi al giorno e pochi posti in terapia intensiva”.

 

Un allarme inascoltato, però, quello degli italiani nella capitale svedese.

Le misure prese dall’Italia – dichiara il ruvese – vengono viste come esagerate perché qui non si vuole fermare l’economia. Pensano che questo virus colpisca solo le persone anziane o quelle con malattie pregresse, salvando i giovani, se non con normali sintomi dell’influenza.

Io ed altri italiani, sapendo com’è la situazione in Italia, stiamo cercando di limitare gli spostamenti stando tanto tempo a casa, evitando di avere contatti con altre persone ed evitando posti affollati, primi fra tutti i supermercati”.

L’incertezza che cammina di pari passo alla paura di essere lontani da casa e alla paura di essere soli.

Essere lontani da casa ora – aggiunge – non è semplice. C’è sempre il timore che qualcuno possa ammalarsi, ma confido nel buon senso dei miei cari, amici e parenti”.

Il timore della lontananza sconfitto, però, dal senso di responsabilità. Continua a raccontarci Cesare:

Ho deciso di non tornare perché sarei dovuto passare per un paio di aeroporti, mezzi pubblici pieni di gente. Avrei rischiato di ammalarmi o di infettare qualcuno una volta tornato a casa“.

Infine, conclude: “Conoscendo bene purtroppo la situazione e sapendo che le misure funzionano, seppur restrittive, invito anche io i ruvesi a seguire l’hashtag #stattacast. Solo in questo modo, con molti sacrifici, possiamo tornare presto a vivere il nostro bellissimo Paese”.

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