IL PARERE DELL’ARCH. MARIO DI PUPPO SULLA SCULTURA
Nota dell’arch. Mario Di Puppo sulla scultura inaugurata ieri.
La mia prima reazione è stata l’assenza di parole, adesso, però, vorrei esercitare il diritto democratico nell’esprimere la mia opinione.
Conosco personalmente l’artista Max Di Gioia, è una bravissima persona, animata da sani principi e dal desiderio palese di lasciare una traccia di se, di affermarsi nella scultura.
L’Associazione Talos ha anch’essa posto in essere una massiccia e meritoria raccolta fondi con lo scopo di donare un’opera d’arte alla città e, in subordine, farsi conoscere e qualificarsi positivamente nel panorama associazionistico cittadino.
Quindi, le buone intenzioni ci sono tutte ma, è noto, non sono sufficienti; è necessario guardare al risultato.
I sostenitori dell’iniziativa hanno scritto molto sulla figura del Talos, sui significati associabili al mito, sui rimandi alla permanenza dei valori della civiltà antica in quella contemporanea; è tutto molto bello e interessante, ma poco o nulla è stato affermato o redatto sulla scultura in se, sul “prodotto artistico”.
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Credo che quanto detto sulla ruvesità dell’artista, sul materiale pregiato in marmo di Carrara, sulla tecnica di realizzazione mediante martello e scalpello come nel Rinascimento, con grande fatica, sia poco rilevante sull’esito della scultura che è quello che si vede, sotto gli occhi di tutti.
Ora, si aprono tre scenari:
1 – la scultura resta dove si trova, a ridosso di un Monumento Nazionale, sotto lo sguardo dei visitatori della nostra bella “Città d’Arte”. Il giudizio degli osservatori sarà associato non solo all’artista e ai suoi sostenitori ma all’intera collettività. In sintesi, ci sentiamo rappresentati da quest’opera?
2 – la statua, opera di arte contemporanea, può trovare allocazione in uno dei nuovi parchi cittadini, all’esterno del perimetro del nucleo antico e storico;
3 – il manufatto può essere restituito allo scultore e/o all’Associazione Talos. Questa soluzione non è nuova; è recente la storia della resa all’artista, da parte del Comune di Napoli, della statua bronzea di Maradona. Una scultura, quella di Domenico Sepe, di alto valore artistico, però, riconsegnata al donante con la seguente motivazione: “L’Amministrazione ha spiegato che all’artista verrebbe garantita una visibilità che potrebbe risultare appetibile anche da altri artisti e dunque verrebbe leso il rispetto del principio di imparzialità”
Quale pensate possa essere la soluzione migliore?
Non ho le referenze delle immagini postate, mi scuso.
Ammirevoli le intenzioni, ammirevole lo sforzo culturale ed economico ma la statua sembra più il gobbo di notre dame che il talos. La sproporzione fra gambe, braccia e busto è enorme. La mano sullo sterno da dove arriva, di chi è? La testa con quell’espressione del volto tradisce la ruvesita’ del soggetto. In definitiva buoni propositi, buona idea, realizzazione con molti punti interrogativi. Ora i coratini avranno ben da ridire” siete di ruvo e avete la testa grossa”.
A completamento dell’intervento dell’architetto Di Puppo ritengo vi sia un quarto scenario che potrebbe aprirsi: rifare ex novo la statua marmorea.
Il nuovo tentativo potrebbe sortire un risultato “più fortunato”.
Sono un inguaribile ottimista …
Condivido appieno le parole dell’architetto, ma mancherebbe a mio modesto parere un punto, esiste o no una responsabilità amministrativa politica di chi ha permesso tale “evento”? E le conseguenze di questa probabile responsabilità?
Forse sarebbe il caso di aprire una seria riflessione su politica e consenso, ma sono perfettamente consapecole che è un ragionamento di altri tempi e soprattutto ahimè per pochi.
Spero però che si trovi una soluzione al problema.
Pasquale Raffaele
E’ un’opera che, per la sua bruttezza, va semplicemente rimossa da qualunque spazio pubblico. C’è un aspetto su cui vale la pena soffermarsi: è stato sfregiato uno dei due Marchi di Ruvo. Il morente Talos rappresentato sul Vaso esposto nel Museo Jatta, insieme al Rosone della Nostra Cattedrale, è un’immagine in cui tutta la cittadinanza ruvese, da generazioni, s’identifica fin dall’infanzia. E’ un vero e proprio MARCHIO della Città e della Comunità di Ruvo, simile ad un marchio aziendale, ma molto più solido, più evocativo e più bello di un semplice marchio aziendale. Da sabato 21 ottobre 2023, quel marchio è stato profanato con una scultura brutta e blasfema. Si è persa l’occassione di potenziare e rafforzare il marchio del Talos morente, realizzando una statua che si limitasse a riprodurlo in forma scultorea. Si è invece realizzato qualcosa (non me la sento di definirla opera) che ha svilito l’opera del pittore ateniese del Talos morente e creato confusione sull’identità della Città e della Comunità di Ruvo. Questo è il vero danno d’immagine e d’identità arrecato ai ruvesi, a cui deve seguire il ripristino della situazione preesistente e possibilmente il risarcimento dei danneggianti ai danneggiati. Una domanda, infine, voglio rivolgerla alle aziende finanziatrici di questo scellerato progetto: se avessero danneggiato i vostri mediamente non eccelsi marchi aziendali, come avreste reagito???
Errata corrige: ho erroneamente scritto OCCASSIONE, anziché OCCASIONE.
ARS GRATIA ARTIS
Il governo cittadino retto da Pasquale il Magnifico ha fondato un nuovo piccolo foro, anzi un foruncolo, all’interno degli storici giardini di piazza Dante – recentemente riqualificati – esaudendo i desiderata di una piccola associazione di benemeriti cittadini che hanno finanziato l’ardita impresa. Il centro del foruncolo è rappresentato da una statua elefantiaca di Talos, cristallizzato nell’attimo prima di spegnersi. L”opera, dopo un inevitabile primo impatto visivo data la sua mole, appare ai più – villici e profani – come una storpiatura, probabilmente non voluta, della statuaria classica cui ambisce riferirsi, almeno nelle intenzioni, il neofita scultore. Così in un paese quasi privo di statue, dove mancano financo i consueti Garibaldi o Mazzini (presenti un po’ dappertutto in Italia) nel 2023 si decide di avvallare l’erezione di un monumento ciclopico per celebrare non si sa bene cosa, andando a intaccare, con un intervento invasivo, un contesto urbanistico delicato. Sarebbe stato più utile magari arricchire i giardini con più essenze vegetali, visti i tempi correnti. Sul valore artistico dell’operazione, invece sarebbe opportuno riflettere su un pensiero di Antonio Canova, qui di seguito riportato: “vi vuol altro che rubbare qua e là da pezzi antichi e raccozzarli assieme senza giudizio, per darsi valore di grande artista. Conviene studiare dì e notte su’ greci esemplari, investirsi del loro stile, mandarselo in mente, farsene uno proprio coll’aver sempre sott’occhio la bella natura con leggervi le stesse massime»