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IL MAESTRO PINO CALDAROLA RACCONTA ANTONIO SUMMO: "ERA UN TALENTO FUORI DAL NORMALE"

Il rapporto che si crea tra insegnante e allievo spesso e volentieri è viscerale. E’ un qualcosa che ti lega, che ti segna. La vita scorre e la tua esperienza viene mescolata alle velleità di ragazzi pronti a essere i protagonisti del domani.

Ripercorrere con il maestro Pino Caldarola i momenti vissuti accanto ad Antonio Summo è un qualcosa di molto commovente. L’euforia degli attimi trascorsi insieme, fa da contraltare alla tristezza e al vuoto lasciato dal ragazzo stesso.

Ed è su questo asse che si svilupperà l’edizione 2016 della Festa di Santa Cecilia. Continuo andare e divenire tra ricordo e ciò che lo tiene in vita, tra le capacità musicali nascenti e la musica stessa che aiuta a colmare il vuoto.

Maestro Caldarola, da dove nasce l’idea dell’annullo filatelico?

Nasce dalla volontà di storicizzare il momento e ricordare Antonio ora e sempre, perché quando accadono le tragedie piangono tutti, poi siamo in pochi a ricordarci di quello che negativamente si è vissuto. Per questo abbiamo deciso di fare, dell’opera del maestro Scarongella, un annullo filatelico: per rendere tutto ciò indelebile. E’ un omaggio a un formidabile trombettista che non c’è più e un voler raccontare la sua storia in modo che possa essere da stimolo per i ragazzi che da giovanissimi, in ogni settore, avviano un progetto, un percorso. Antonio la musica la sentiva dentro. Aveva cominciato a suonare la tastiera, poi notavo che riservava un’attenzione particolare ai suoi amici che suonavano strumento a fiato. Restava ad osservare le loro prove, immaginando chissà quali emozioni. Un giorno provammo insieme a suonare la tromba e da quel momento non si è mai separato da essa.

Che effetti ha avuto la musica nel ragazzo?

Lo ha reso un ragazzo migliore. Il voler vincere determinate sfide, compresa quella di essere ammesso al Conservatorio di Bari, gli aveva fatto scattare in lui quella molla e reso concreto un miglioramento scolastico evidente. Da gennaio 2016 aveva tirato fuori un talento meraviglioso che lo ha portato a presentare, all’esame di ammissione al Conservatorio, un brano di Peretti che solitamente si suona al terzo anno di Conservatorio. Aveva un difetto: suonava di lato alla bocca. Gli dissi che se non avesse modificato il modo di suonare non avrebbe fatto carriera. Ostinato com’era, modificò il modo di suonare. Con la tromba era maturato tantissimo e aveva raggiunto un livello di astensione del suono pazzesco, formidabile. Con i maestri Minafra si discuteva di un suono raggiunto tra il “do” e il “si” bemolle biacuti, qualcosa di pazzesco per un ragazzino di quell’età. Ruvo ha perso qualcosa di veramente grande in questo ambito.

Questo Premio “Santa Cecilia” ha sempre avuto un’interpretazione molto profonda. 

Sì, perchè va alla ricerca di coloro i quali, in campo musicale, si distingue per svariati motivi. Siamo a caccia di storie e ogni anno cerchiamo sempre di far qualcosa in più perchè la musica ruvese e la sua tradizione bandistica devono essere tutelate.

Appuntamento alle ore 20.00 di domenica 20 novembre presso la Chiesa del SS. Redentore.

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