Attualità

IL DOTT.CAPUTI IAMBRENGHI E LA SITUAZIONE COVID AL POLICLINICO DI BARI. L’INTERVISTA TRA FEDE E SOLIDARIETA’

Una notte differente dagli altri anni quella tra il martedì e il mercoledì santo appena trascorsi. Per i secondo anno consecutivo, la notte degli Otto Santi non ha visto i suoi ruvesi riunirsi in Piazza  Matteotti, attendendo l’uscita del simulacro. Quest’anno non era previsto nulla, se non che, nel cuore della notte, i dintorni di San Rocco hanno iniziato ad udire la triste melodia delle marce funebri eseguita dal quintetto d’ottoni “Amici di San Rocco”. Una notte diversa da quella totalmente annullata dello scorso anno, che ha voluto non tacere la spiritualità e la tradizione. A seguire, una diretta sul portale di Ruvesi.it ha ripreso i momenti salienti della Settimana Santa, facendo riaffiorare i ricordi e la nostalgia di chi vive annualmente questa settimana.

“La notte degli Otto Santi è la notte dei silenzi”, si è detto; è la notte del dolore, del pensiero dell’avvenire ma anche della speranza e del ricordo. Tra i protagonisti del dibattito, immancabile il prof. Onofrio Caputi Iambrenghi. La volontà della diretta era proprio quella di mettere insieme più livelli: la fede e la tradizione con l’amara attualità che stiamo vivendo. Il dottor Caputi Iambreghi è riuscito in questo, unendo la spiritualità degli Otto Santi con la realtà che lui, come molti suoi colleghi, vive tra i corridoi del Policlinico di Bari.

Si è discusso della pandemia, dunque, di quanto il virus ci stia privando della normale quotidianità. “Siamo in guerra” si è detto, una guerra che ha portato via gli amici più cari, conoscenti e parenti. Il ricordo non ha potuto non rivolgersi verso gli amici Michele Pellicani e il prof. Tommaso Berardi, personalità di spicco dei quali ci resta l’immenso patrimonio umano, culturale e scientifico. Una guerra che però, come ha sottolineato il professore, lascia sul fronte fatti bellissimi come i giovani che, studenti o specializzandi, si presentano volontariamente per dare una mano. E, come in tutte le guerre, ci sono anche i riservisti che, pur non essendo in prima linea, sono lì a prestare sempre aiuto: è un lavoro di gruppo che si sta formando che, però, ne lascia intravedere le difficoltà. È una situazione infatti, quella delineata da Caputi Iambrenghi che, dal punto di vista sanitario, vede i medici “scoppiare”; è variegata in quanto c’è sia chi combatte il mostro-virus in prima linea e chi, invece, egoisticamente, si volta dall’altro lato.

Il dottor Caputi Iambrenghi è attualmente impegnato al Policlinico di Bari. Durante l’intervista ha delineato, nel particolare, quella che è la situazione in cui versa il policlinico stesso. Attualmente vi è una media di 50/60 persone positive al Covid che, sostando al pronto soccorso, attendono di essere sistemate nei vari reparti. Un grande problema è che il Policlinico di Bari si è fatto pesantemente carico della maggior parte dei casi Covid della terra di Bari a causa delle innumerevoli questioni logistiche. L’ospedale allestito nella Fiera del Levante con 150 posti previsti (attualmente 105 tra intensiva e sub-intensiva) non è riuscito, al contrario delle previsioni, ad alleggerire la situazione nel Policlinico. Si pensava infatti di mandare tutti i pazienti covid del Policlinico in Fiera ma così non è stato: al Policlinico ci sono ancora 132 pazienti covid tra semplice ricovero e terapia intensiva. Il picco, aggiunge il professore, non è stato ancora toccato: secondo le previsioni giungerà verso il 10 aprile.
Continuano comunque gli sforzi: recentemente è stata  aperta una nuova tensostruttura vicino al pronto soccorso con la disponibilità di 16 posti letto. È per questo che fa male, poi, sentire che le strutture private, anziché offrire il loro contributo, continuano ad eseguire “interventini” tranquillamente rimandabili quando, in ospedali come il Policlinico si è costretti a rimandare grossi interventi per gravi patologie.

Nonostante i mesi marzo-maggio 2020, è questo attuale il periodo più difficile per la Puglia. “Stiamo pagando la zona gialla di qualche settimana fa”, dice Caputi Iambrenghi. Il dato è che la maggior parte dei pazienti sono affetti dalla variante inglese, altamente diffusibile e non meno letale delle altre varianti, e si nota che l’età media dei ricoverati cala sempre di più: è un dato che da una parte porta sollievo in merito alle possibilità -maggiori- di guarigione dal momento in cui sono pazienti meno fragili, ma dall’altro è un dato che fa ancor più paura.

Per quanto riguarda le vaccinazioni, Caputi Iambrenghi riferisce che stanno proseguendo sui più fragili. Sabato e domenica scorsa sono stati vaccinati tutti i trapiantati di questa e delle altre province, e nei prossimi weekend si proseguirà sempre su pazienti immunodepressi aventi altre patologie gravi.

Insomma, una situazione difficile, che muta giorno per giorno, alla quale i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario si adatta. Come? Resistendo dalla mattina alla sera in uno scafandro, aiutando chi è in battaglia col virus. Nessuno di loro si lamenta ma, straordinariamente, sono tutti uniti da entusiasmo.
Il professore ricorda uno dei momenti che più lo hanno commosso, e cioè quando ha letto che alcuni grandi nomi della chirurgia barese hanno dato la disponibilità a svolgere il ruolo di riservisti, cioè di occupare i posti di medici più esperti nella battaglia al Covid, prendere il loro posto così che essi possano dedicarsi totalmente alla sconfitta del Covid. Il professore ha denominato queste scelte come una “serie di vasi comunicanti di professionalità specifiche”: chi può dare lo dà in modo tale da ottenere più efficienza, ma non solo: serve anche a far sentire meno soli chi è sulla “linea del fuoco” e a dar loro riposo.

A questo punto, il simulacro degli Otto Santi non fa che ricordare al dottore ruvese, la vita che si vive all’interno degli ospedali in questo delicato momento. Il lenzuolo su cui giace il corpo di Cristo tenuto su dai santi, gli riporta alla mente i tanti spostamenti dei pazienti da una barella all’altra, sospesi sui lenzuoli che gli infermieri, santi, reggono speranzosi. Alcuni prendono la strada più brutta, altri risorgono tornando a casa.

“Non resta che aspettare” conclude il prof. Caputi Iambrenghi.

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