IL DIPINTO DELLA “PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO” COMPIE 300 ANNI
Testo a cura di Simone Salvatorelli.
Risale sicuramente al 1721, la suggestiva tela venerata il 2 febbraio nella Chiesa di San Domenico a Ruvo di Puglia dal titolo “Presentazione di Gesù al Tempio”.
L’opera fu commissionata dalla Confraternita della Purificazione – Addolorata durante le fasi del suo trasferimento della chiesa di San Carlo (dove era sorta nel 1719), oggi non più esistente alla chiesa di Santa Maria di San Luca (oggi aperta al culto dei Santi Medici).
Inizialmente l’attribuzione del quadro viene associata al pittore napoletano Paolo De Matteis, successivamente, lo si è attribuito all’artista di origini molfettesi Corrado Giaquinto, solo di recente la paternità è stata definitivamente corrisposta al pittore napoletano discepolo del De Matteis, Giuseppe Mastroleo.
L’opera, tratta dal Vangelo di Luca, esprime freschezza devozionale e rapidità di racconto. Sono visibili i tre piani di rappresentazione frequenti nella scuola napoletana: in alto a destra, angeli festanti che assistono all’evento, posati sulle nuvole e distribuenti incenso; al centro e a sinistra, sotto un drappo setoso con cimosa dorata che fa da sfondo, un altro gruppetto di angeli che guardano estasiati il Bambinello. Al centro è presente Gesù Bambino, che la Vergine affida alle braccia del vecchio Simeone dallo sguardo vuoto (era quasi cieco) con un copricapo e folta barba, dal Bambinello si irradia una luce divina che sembra illuminare l’intera scena. Sempre al centro dell’opera ammiriamo la Vergine inginocchiata con mani protese, coperta da un manto di colore blu cobalto; la serena figura di San Giuseppe con un cero acceso nella mano sinistra, traduzione simbolica della profezia di Simeone che aveva proclamato Gesù “luce per illuminare le genti”; la donna con il cesto contenente due tortore, offerta rituale al Tempio; quattro astanti; infine troviamo la profetessa Anna. In primo piano, troviamo S. Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù e protettore della Confraternita Purificazione – Addolorata, che indica la scena principale del dipinto, e San Francesco Saverio in atto di venerazione, che reca con sé i simboli del pellegrino missionario (bordone, mantellina, conchiglia di San Giacomo, borraccia al cinto).
L’autore pone la propria arte al servizio di una missione moralizzatrice, come suggerito dal Cardinale G. Paoletti, secondo cui “…da esse si vedrà spirare pietà, modestia, santità, devozione” poiché così esse “…penetreranno dentro di noi con maggior violenza che le parole”.
Durante la festività della Presentazione del Signore e della Purificazione della Vergine, la confraternita accoglie i neo iscritti.
Sin dagli albori della congrega i neo confratelli e consorelle hanno prestato giuramento davanti alla tela, alla presenza dell’intera assemblea, seguendo un rito che si tramanda da generazioni.
La notte tra il 30 e 31 luglio 1991 il dipinto è stato rubato, l’opera fu trafugata dalla sacrestia durante i lavori di restauro della chiesa, fortunatamente il 25 novembre dello stesso anno è stata recuperata e dopo un delicato restauro è stata riconsegnata al culto.