GRANO: TEST POSITIVO ALL'AFLATOSSINA SU 1 CAMION SU 7 FERMATI; INDAGINI NON STOP DELLA FORESTALE DOPO BLITZ DI COLDIRETTI AL PORTO DI BARI
Coldiretti Puglia informa che è risultato positivo al test effettuato con il kit ‘Agrastrip’ il campione di grano duro messicano e scaricato stamani dalla nave Ecopride (stazza 44.647 tonnellate), battente bandiera panamense e proveniente da Cristobal.
Coldiretti Puglia ringrazia il Corpo Forestale dello Stato della Puglia e la Asl di Bari per l’attività incessante di presidio del territorio e per la prima fase odierna dell’attività di indagine per salvare il grano italiano dagli scarichi quotidiani di ingenti quantitativi di prodotto straniero, a volte triangolato da porti europei e utilizzato dai trasformatori per fare pane e pasta “Made in Italy”, con il “granaio Italia” che rischia di scomparire.
“Abbiamo fermato finora 7 camion per verificarne il contenuto – spiega il Commissario Capo del Corpo Forestale dello Stato della Puglia, Giuliano Palomba – una prima analisi con il lateral flow test sul campione di grano duro trasportato da uno dei 7 mezzi, ha dato indicazioni di presenza di aflatossine. Abbiamo consegnato tutti i campioni alla Asl Bari e le analisi di conferma saranno effettuate dal laboratorio dell’Arpa Puglia. Inoltre, sarà verificata la presenza di metalli pesanti”.
“La nostra manifestazione intendeva accendere i riflettori sull’effettiva qualità del grano straniero – denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele –che dopo un lungo periodo di navigazione nelle navi sbarca in Puglia per produrre pasta e pane senza alcuna indicazione in etichetta della reale origine. Se il grano è contaminato da micotossine, risultano contaminati anche pane e pasta perché sono resistenti alle alte temperature. Non meno preoccupante la contaminazione da Deossinivalenolo (DON). I parametri europei relativi ai limiti di DON (1750 ppb) sui cereali utili all’alimentazione umana sono quasi “doppi” rispetto a quelli imposti in Canada (1000 ppb). In altre parole in Europa e, quindi, anche in Italia è commestibile e può essere somministrato anche ai bambini ciò che in Canada non va bene neppure per gli animali”.
La stessa EFSA ritiene che l’assunzione alimentare per infanti (0-6 mesi) e bambini tra gli 1 ed i 3 anni, ma anche adolescenti e bambini in genere, possa essere motivo di preoccupazione, in quanto sono in una fase iniziale della vita (ed in ragione del peso corporeo relativamente basso).
“In 7 mesi da luglio 2015 a febbraio 2016 – incalza il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti – è stato scaricato al Porto di Bari 1 milione di tonnellate di grano, arrivato da Canada, Turchia, Argentina, Singapore, Hong Kong, Marocco, Olanda, Antigua, Sierra Leone, Cipro e spesso triangolato da porti inglesi, francesi, da Malta e da Gibilterra. Contemporaneamente è stata registrata la drastica riduzione del 25% del prezzo del grano pugliese, passato nello stesso periodo da 34 euro a 25 euro al quintale. Incalcolabili anche i danni in termini di impatto ambientale, basti pensare che sommando la tratta che una nave compie per esempio dal Canada per raggiungere Bari e i 750 camion utili a scaricare una media di 20mila tonnellate di grano, considerando l’andata e il ritorno, si stima una emissione di oltre 15mila tonnellate di CO2”.
Si tratta del risultato delle scelte poco lungimiranti fatte nel tempo da chi – continua la Coldiretti – ha preferito fare acquisti speculativi sui mercati esteri di grano da “spacciare” come pasta o pane Made in Italy, per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la reale origine del grano impiegato. Un comportamento – precisa la Coldiretti – reso possibile dai ritardi nella legislazione comunitaria e nazionale che non obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato in etichetta. E’ fatto con grano straniero un pacco di pasta su tre e circa la metà del pane in vendita in Italia ma i consumatori – denuncia la Coldiretti – non lo possono sapere perché non è obbligatorio indicare la provenienza in etichetta. I prezzi del grano duro in Italia nel 2016 – sottolinea la Coldiretti – sono crollati del 31 per cento rispetto allo scorso su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro del granaio Italia.In pericolo – precisa la Coldiretti – non c’è solo la produzione di grano ed il futuro di oltre trecentomila aziende agricole che lo coltivano ma anche un territorio di 2 milioni di circa ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy.