Gli studenti del Tannoia conquistano il pubblico con il loro “Cabaret”
Claudia Rutigliano ci racconta la straordinaria esperienza della rappresentazione teatrale “Cabaret” a cura dei ragazzi dell’ITSET “Tannoia” di Ruvo di Puglia.
Non siamo un’accademia, né un istituto d’arte. Il nostro impegno per i laboratori teatrali è finalizzato soprattutto a far crescere i ragazzi, ad aiutarli ad elaborare le loro emozioni, a riconoscere e superare le loro paure, a farli integrare”. Così, la professoressa Rosanna Ippedico, tutor del progetto che ha portato all’allestimento dello spettacolo “Cabaret”, sintetizza il senso di un percorso che, da anni e con successo, l’ITSET Tannoia di Ruvo porta avanti con i suoi studenti. Eppure, la rappresentazione, andata in scena lo scorso 1° giugno, nel chiostro della Pinacoteca Comunale, è davvero di pregio. E questo fa onore al regista, Giulio de Leo, alla coreografa, Erika Guastamacchia, e a tutto l’istituto. Cabaret è uno lavoro teatrale complesso, come complessi sono i temi che indaga e gli interrogativi che lascia aperti agli spettatori. Ventiquattro giovani attori vestono i panni dei ragazzi di oggi e si muovono, danzano, gesticolano su una scena essenziale, in cui ci sono solo le luci della ribalta e, forse, della vita. In primo piano due microfoni, ai quali, a turno, gli studenti si avvicinano, per esprimere le loro riflessioni sui problemi che li attanagliano, in quanto “nativi digitali”, venuti al mondo nell’era dei tablet, di internet, degli ipad, dei selfie. Un tempo in cui tutto si consuma in fretta, in cui si è smarrito il legame con la natura, in cui ci si è dimenticati di avere dei sensi in grado di percepire direttamente la realtà, in cui si comunica solo con la mediazione di strumenti tecnologici. Robotizzati, automatizzati, selfizzati, taggati, gli attori si muovono sulla scena, comunicando efficacemente il senso di smarrimento, alienazione, disidentificazione che provano. Eppure, qualcuno di loro, urlandolo al microfono, ricorda che l’uomo è un “animale sociale”. Sul palcoscenico sembra allora dipanarsi una lotta tra il tentativo di riappropriarsi del proprio essere più autentico, della propria ontologia, e i poteri che fagocitano quell’identità: la tecnocrazia, il mercato, il neocapitalismo, la televisione, le idee dominanti vogliono l’omologazione, l’annullamento di ogni diversità. Una diversità, però, che grida il suo diritto ad esistere e ad essere rispettata e si materializza nelle parole, nei gesti e nel sorriso di una delle giovani attrici, Claudia Catalano, la cui diversabilità viene portata sulla scena insieme ad un pezzo di vita vissuta e dimostra ai suoi amici e a noi adulti che questa generazione è capace di autenticità, di delicatezza, di bellezza e saprà trovare gli antidoti per costruire un mondo migliore.