Cultura

Gli “Otto Santi” nei racconti e fotografie d’epoca

«[…] U paèise le crestione stonne tutte descetote/ pe pegghiò parte a chèssa nettote/ vè la precessiaune pe strode striètte notta sande è chièsse e benediètte».

Un piccolo quadro vernacolare dipinto ne “La nuotte de l-Utte Sande” di Pietro Stragapede, in cui è restituita l’atmosfera della notte rubastina, tra mercoledì e giovedì Santo. Perché è la notte degli “Otto Santi”, la notte in cui in una gremita Piazza Matteotti, nel silenzio, partendo dalla piccola chiesetta di San Rocco, procede lentamente e solennemente un gruppo statuario di commovente bellezza e potenza, pur nella povertà del materiale – la cartapesta – con cui è realizzato.

Vogliamo raccontarvi di Loro attraverso fotografie d’epoca, conservate nell’Archivio della Confraternita Opera Pia San Rocco e le parole di Domenico Tambone, segretario della Confraternita nonché uno dei curatori della mostra “Obiettivo Giovedì Santo”.

«Nel 1919 la Confraternita di San Rocco decide di realizzare una statua da inserire nel ciclo delle manifestazioni sacre durante la Settimana Santa , visto che era l’unica congrega a non sfilare in processione.

Pertanto pensarono di commissionare allo scultore leccese Raffaele Caretta la scena della “Deposizione di Gesù Cristo” nonché “Gesù portato nel sepolcro”. All’epoca il popolo iniziò a nominare “Otto Santi” il complesso statuario, proprio per il numero delle statue a grandezza naturale.

I Santi sono Nicodemo, Giuseppe D’Arimatea e San Giovanni trasportano Cristo; la Madonna con una corona di spine in mano; Maria di Cleofa, Maria di Salomè e Maria Maddalena.

In un verbale, raccolto negli archivi storici della Confraternita, si trova la delibera con cui i confratelli, proposero di realizzare una statua tale da impressionare e suggestionare la cittadinanza ruvese. Ad unanimità di voti, fu deliberato, l’acquisto della statua a devozione della nobildonna Rosina Ruta de Tommaso. All’epoca era Priore Giovanni Testini.

La frammentarietà delle notizie rinvenute nell’archivio storico confraternale non permettono di ricostruire con esattezza le vicende dell’arrivo del simulacro a Ruvo di Puglia. Secondo notizie sparse, tramandate oralmente, inizialmente il gruppo statuario doveva essere composto da un numero inferiore di personaggi, realizzati con manichini rivestiti, mentre teste e arti dovevano essere in cartapesta.

Da un verbale esistente nell’archivio storico della confraternita si evince che nel 1920, in seguito ad una nuova deliberazione dell’assemblea e sempre sotto la presidenza del Priore Testini, si decise di completare l’opera aumentando il numero di personaggi e sostituire i manichini con statue interamente realizzate in cartapesta.

Raffaele Caretta creò l’opera ispirandosi al famoso dipinto del pittore italo-svizzero Antonio Ciseri, conferendo loro drammatica plasticità tale da toccare corde emotive.

Inizialmente la processione si svolgeva la sera del Giovedì Santo. I racconti dell’epoca ricordano il grande impatto emotivo che l’imponente gruppo statuario suscitò la prima volta che fu portato in processione, varcando il portale della piccola chiesetta di San Rocco: era il 19 aprile 1920. L’intento del Priore, quello di “fare impressione” sulla cittadinanza era stato pienamente raggiunto.

Per i primi dodici anni gli “Otto Santi” furono custoditi nella vicina chiesa del Santissimo Redentore e, precisamente, nella nicchia dove attualmente trova posto la statua della Madonna di Pompei: giusto il tempo per realizzare l’ampio vano nella chiesetta di San Rocco che li avrebbe accolti.

Questa statua ha riscontrato tra ottobre 2001 e marzo 2002 un complesso lavoro di restauro che ha riportato il simulacro ai colori originali e alla rimozione di strati aggiuntivi di cartapesta. Tra aprile 2013 e febbraio 2014, il gruppo statuario è stato nuovamente restaurato, accentuando alcuni dettagli».

«Questa foto risale agli anni Trenta e Quaranta. Si intravedono la parrucca sul capo della Maddalena e il lenzuolo di lino. La base è ornata da portafiori in terracotta del 1925, mentre attualmente i fiori sono posizionati nelle spugne dei fiorai. I portatori, poi,  erano 35, adesso sono 47» prosegue Tambone.

«Anche questa foto risale agli anni Trenta-Quaranta. Qui si può notare come l’impianto di illuminazione sia stato modificato. Dalle coppe rotonde, lucide e trasparenti, passiamo a quelle satinate a base esagonale. E’ presente anche il baldacchino: a dire il vero, era portato in tutte le processioni, mentre ora è usato solo a Pasqua e nelle feste patronali” conclude Tambone.

Di seguito, la narrazione fotografica prosegue dagli anni Cinquanta sino ai tempi più recenti. Leitmotiv di tutte le foto è la fervente devozione popolare e la bellezza di un rito che coinvolge arte e spirito.

(Tutte le foto pubblicate sono presenti nell’Archivio della “Confraternita Opera Pia San Rocco”. Si ringraziano coloro che hanno messo a disposizione immagini e contributi storici)

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