GIUSEPPE CALDAROLA: “IL VIRUS NON E’ LOMBARDO O VENETO. CAMMINA SULLA NOSTRA IRRESPONSABILITA'”
Giuseppe Caldarola è uno di noi! Della famiglia di ruvesi sparsi in tutta Italia. Con lui anche suo fratello Sabino. La sua riflessione riaccende il dibattito su quella che è stata definita come “La Grande Fuga” e condanna le forme xenofobe nei confronti di coloro che effettivamente rappresentano il Nord Italia. Buona lettura.
Gentilissimi direttore e redazione tutta,
Questo non è tempo di scrivere righe spensierate come quelle che si possono scrivere d’estate, magari glorificando la bellezza di vacanze pugliesi o del vivere quotidianamente luoghi da più parti additati come tra i più belli al mondo o dell’offerta di ospitalità (che diventa ‘cultuale, ‘rituale’). Non è più questa l’aria che si respira in Puglia! Non sono più queste le argomentazioni che fanno parlare della Puglia!
Oggi – pur perfettamente consapevole di poter risultare una voce dissonante o fuori dal coro – mi permetto di chiedere ospitalità alla Vs. testata che seguo regolarmente a distanza per proporre un breve commento che ho postato, in forma ridotta, in una delle pagine web più seguite di Puglia la scorsa settimana e che ho voluto inviare anche ai giornali. Spero con ciò, che i mezzi di comunicazione possano contribuire a innescare qualche riflessione più serena nei toni. Avevo infatti già scritto dopo la prima fuga dall’operoso ‘nord’ di tanta gente di Puglia e di tutto il meridione che si muoveva in cerca di finti paradisi e di protezione sulla ‘gonnella di mamma’. Lo faccio anche oggi, ampliando la medesima riflessione, avendo visto lo stesso esodo riprendere negli ultimi giorni e non arrestarsi.
In questi giorni, io, mio fratello Sabino, sua moglie Serena e la piccola Emma di solo un anno – beata lei che continua tranquilla a giocare sul tappeto col papà e la mamma e ancora non può capire cosa le sta succedendo intorno! – ci facciamo buona compagnia in provincia di Vicenza: un pezzo di famiglia di Ruvo di Puglia che resiste qui e che resta unita, ma mantenendo le dovute distanze (secondo indicazioni)!
Per presentarci, Sabino e Serena qui ci lavorano in una grande azienda di Vicenza che produce acciai; io, architetto, opero dividendo la mia vita lavorativa col ‘precariato’ allo Iuav di Venezia (per di più, qui da mesi scoperto da qualsivoglia forma contrattuale, ma con studio e assistenza medico-sanitaria incardinata in Puglia e ugualmente bloccato al nord).
Eravamo insieme a leggere del decreto del Governo di poco più di una settimana fa che ci faceva di punto in bianco scoprire a margine di una delle nuove zone rosse, fortunatamente appena al di fuori della stessa ma ugualmente disorientati su quanto avrebbero inciso nel quotidiano le limitazioni che di lì a poche ore sarebbero state imposte. Eravamo insieme quando abbiamo visto le scene dei vari ‘fuggi-fuggi’ verso il sud; ancora insieme quando abbiamo ascoltato le prime dichiarazioni ufficiali dello stesso Governo, del Governatore della Puglia e di quelli delle altre regioni, dei Sindaci e letto le conseguenti ordinanze; insieme quando abbiamo ricevuto messaggi e letto post di varia natura, quando abbiamo assistito all’estensione della zona rossa all’intero territorio nazionale. Qui ci siamo fermati!
E qui, una considerazione è d’obbligo…
Siamo parte di quelle stesse persone che, poco più di una settimana fa, ricevevano dalle nostre mamme, dai parenti e dagli amici le telefonate in cui ci si diceva di non rischiare, di allontanarci dalle aree di focolaio, di tornare a casa (giù state più tranquilli, state vicini a noi!) – ahi, le mamme del sud! – sfido chiunque a trovarmi una sola delle nostre famiglie che non abbia suggerito almeno una volta al proprio figlio di ‘ritirarsi’ a casa dal nord.
Siamo diventati, nell’arco di sole 24h, quelle persone che portano il virus – bacchettati e additati anche se abbiamo fatto la scelta, consapevole o per obbligo, di rimanere fermi dove eravamo – i portatori della peste come se altrimenti (in nostra assenza) i pugliesi avrebbero potuto avere qualsivoglia garanzia di immunità… pensiamo davvero che qualcuno (ovunque esso sia, in Puglia o in qualsiasi altra parte d’Italia o del mondo) potrebbe garantirsi la propria immunità se non solo attraverso l’adozione di comportamenti responsabili?
In questi giorni, amaramente, abbiamo visto troppe volte emergere un lato oscuro del carattere della Puglia: da un lato quelle dissennate partenze (o vere e proprie fughe); dall’altro, un atteggiamento respingente che non vorremmo mai vedere, che non dovremmo mai vedere, da quella che si dice essere regione del culto dell’accoglienza. Tutto ciò, come se stare in Lombardia o in Veneto avesse un grado di pericolosità maggiore rispetto allo stare al sud: vero è che i numeri dei contagi ne rendono maggiore la probabilità per chi ha scelto, più o meno consapevolmente o per obbligo, di restare al nord; è altrettanto vero che non meno pericoloso è il momento del viaggio come anche lo stesso essere (eventualmente) a ‘casa nostra’ per chi è rientrato. Tutto ciò, come se le assurde e incontrollate partenze verso il sud possano realmente additarsi come unica e reale fonte di arrivo e diffusione del virus nelle nostre regioni meridionali.
Come cambia la percezione! Cosa fa fare o dire la paura (da ambo le parti)!
Quella paura che, in casi come questi, dovrebbe generare resilienza, essere una molla per aumentare la capacità di adattamento a situazioni mutate. E invece questa paura si carica di altre connotazioni, più nefaste… la paura (accompagnata da disprezzo e senso di superiorità) di quel che viene da fuori, dell’altro, la paura che genera atteggiamenti respingenti, di alterità. Ora mi chiedo… non erano questi atteggiamenti di appannaggio nordico? Non sono questi stessi atteggiamenti ad esserci pesati sulle spalle, quelli che abbiamo spesso dovuto subire e contro i quali abbiamo dovuto sempre combattere per affrancarcene? E ora li si rispolverano in Puglia? In nome di quale superiorità genetica o di razza? In nome di quale eventuale ‘immunità’?
Ripeto, la paura del virus non dovrebbe essere semplicemente una molla, semplicemente spingere a renderci tutti più responsabili?
Mi sembra, ci sembra, davvero che nell’arco degli ultimi giorni si sia regolarmente confusa la necessità di rendere tutti consapevoli della pericolosità dell’attuale situazione, al fine di attivare comportamenti più consoni e responsabili, con la disseminazione di una cultura dell’odio. Quest’odio può solo continuare a sostanziarsi, a nutrirsi, se non iniziamo tutti a imparare a dosare le parole.
Forse avrebbero dovuto essere altri i registri comunicativi; forse di altra natura avrebbero dovuto essere le argomentazioni utilizzate per far capire la necessità di fermarsi dove si era e non cercare (finte) ‘salvezze’ ingolfando il sud (con tutte le sue oggettive ‘precarietà, soprattutto in ambito sanitario-assistenziale) come qualsiasi altra parte d’Italia.
Non è forse uguale la situazione di esodo in entrata che si è generata in Liguria o in Sardegna?
Forse i numeri pugliesi spaventano di più perché più consistenti: siamo tanti ad esserci spostati in altre regioni d’Italia, per studio e/o per lavoro, in cerca della possibilità di ritagliarci la nostra fetta di vita, il nostro ‘piccolo’ spazio nel mondo. Lo abbiamo fatto, lo facciamo tutt’oggi per migliorarci… non ce ne si può fare una colpa! È vero, siamo in tanti – e questa è una specificità tutta pugliese – ad aver sempre voluto mantenere un piede a casa… vuoi per il culto delle nostre radici, vuoi per motivi di varia natura.
C’è da dire che in questa specifica condizione di emergenza, un corso di comunicazione (o di arte del silenzio o di cultura dell’ascolto) sarebbe servito un po’ a tutti; che, forse, dovremmo fare tutti mea culpa su quanto si è fin qui detto. Magari, morderci la lingua o azionare realmente il cervello prima di proferir parola… meglio ancora lasciar parlare solo le istituzioni e chi realmente ha competenza in materia di salute pubblica.
Il mio, il nostro è un appello a smettere di fare i leoni da tastiera! Basta ad alimentare isterie e paure! Basta a galoppare le ignoranze della gente! Questo è semplicemente il momento di dimostrare responsabilità civile, di essere cittadini consapevoli!
Sono rimasto, siamo rimasti molto colpiti dal messaggio di un’amica di ‘giù’, il primo messaggio della giornata di domenica scorsa, arrivato mentre si metteva su il caffè appena acceso il telefono: non conteneva un “ciao, stai bene?” o “dammi buone notizie” ma semplicemente un “Stai passando la tua quarantena a Venezia o a Ruvo? Bene, che non ti venga in mente di attraversare il rubicone!”. E poi abbiamo ricevuto il messaggio di una infermiera (peraltro circolato in un gruppo di operatori della salute) che trasformava il numero verde messo a disposizione della Regione per la gestione dell’emergenza in un centro di ‘controspionaggio’ per dar sfogo a vendette personali trasversali e proprie vis delatorie ove denunciare gli arrivati dal nord e costringere loro e familiari a immediate quarantene (è un servizio ai cittadini… chi ha a che fare con la salute pubblica dovrebbe dare il buon esempio spingendo a utilizzare correttamente un servizio creato per l’emergenza, non ingolfandolo per altri fini). E poi, un medico curante (uno di quelli a cui noi stessi dovremmo rivolgerci, essendo ancora in carico al servizio sanitario pugliese e loro pazienti) che, con toni apocalittici, sentenziava di “addebitare le spese a chi è venuto a impestarci il resto!”. Sono solo tre esempi delle tante parole che ci sono state indirizzate e che ci hanno resi, in maniera del tutto ingiustificata, dei bersagli! Tra sabato e domenica scorse ci sono state 48 ore di odio xenofobo verso una regione e una manciata di province per poi scoprirci nuovamente un’unica zona, un’unica Italia che fa fronte comune dinnanzi a una questione nazionale. In queste ultime ore si sono rinfocolati gli stessi toni in coincidenza con le nuove fughe. Quanta stupidità in quanto fin qui detto!
Il coronavirus non è né lombardo né veneto, non ha la ‘griffe’ regionale o provinciale, non è milanese o veneziano… non deve chiedere il permesso a nessuno per entrare in regione, non entra certamente in Puglia per la prima volta con gli ultimi viaggiatori. Non ci sono i tempi di incubazione corretti per dire che i primi casi pugliesi derivino da chi è fuggito dal nord. C’è, per contro, il fatto che gli stessi pugliesi si muovono regolarmente (e assai spesso, per necessità… e mi ci metto anch’io tra questi) all’interno di un paese – l’Italia intera! – che per ovvie ragioni e per sua stessa natura costitutiva è necessariamente interconnesso. Il virus è un problema che la nazione deve affrontare in maniera compatta. Siamo tutti cittadini, uguali e con pari doveri – se cittadini vogliamo essere per davvero – di fronte ad un momento di emergenza nazionale! Lo ripeto, è un’emergenza nazionale, non locale.
Il virus cammina, semplicemente, sulla nostra irresponsabilità!
Stiamo a casa. Restiamo fermi dove siamo… qualche limitazione non ci farà male.
Hic sumus et hic manebimus optime! (almeno fin quando ci sarà possibile)
Permetteteci, permettiamoci di rimanere orgogliosi della risposta responsabile della Puglia (di Ruvo soprattutto, che portiamo nel cuore e promuoviamo regolarmente con la nostra azione) anche in questo stato di emergenza. Perché la Puglia è uno stato d’animo – e deve rimanere tale – anche in questo frangente!
Giuseppe Caldarola