Festa dell’Europa, Monica Tedone ai suoi coetanei: «Ragazzi, siate “change makers”!»
Oggi, 9 maggio, è la “Festa dell’Europa”, è il giorno che ricorda la presentazione del “Piano Schuman”, progetto di unificazione europea elaborato, nel 1950, dal ministro degli Esteri francese Robert Schuman su incoraggiamento di Jean Monnet, uno dei padri della Unione Europea.
Una festa vissuta tra l’entusiasmo di chi crede nel sogno di Ventotene, di un’Europa unita (la maggioranza, in base a una recentissima indagine Doxa, secondo la quale 3 italiani su 4 sono favorevoli all’Unione Europea) e l’indifferenza o la disillusione di chi vede nella bandiera blu con il cerchio stellato solo il simbolo dei poteri forti,delle banche, considerate le vere governanti dell’Europa.
Sentimento, questo, comune anche ai giovani, soprattutto ai “neet”, a coloro che non studiano né lavorano, ma a questi ragazzi una giovane donna, Monica Tedone, dice di continuare a credere nel sogno di un’Europa senza confini, di un’Europa che diventa simbolo universale di accoglienza e di benessere. Basta volerlo e ad essere i primi ad agire perché ciò accada.
23 anni, studentessa di Lingua e letteratura portoghese, Monica si è recata a Roma, il 4 e 5 maggio scorsi, per partecipare a “La formula dell’Europa”, evento organizzato dall’Agenzia Nazionale per i Giovani, in cui sono state approfondite, mediante workshop e conferenze, le tematiche relative alla solidarietà, all’impegno sociale, alla partecipazione e inclusione, alla cittadinanza attiva in Europa.
La manifestazione rientrava nella Ottava “Settimana Europea della Gioventù” e di “Erasmus30”, con cui si sono festeggiati i trent’anni del programma di mobilità studentesca nato nel 1987 e arricchitosi della formula “Plus”, destinata anche agli under 30 che non studiano ma intendano intraprendere un percorso di apprendimento lavorativo.
Sono stati organizzati, in questi due giorni, laboratori tematici relativi all’Erasmus, al Servizio Volontario Europeo, al Corpo Europeo di Solidarietà e al change making, all’essere fautori del cambiamento, all’essere cittadini attivi e propositivi.
«Ho partecipato a questo laboratorio – ci racconta Monica – dal momento che mi sento una cittadina attiva, mi sento una cittadina europea. Tutto questo anche grazie alla professoressa Pia Olivieri, segretaria dell’AEDE di Ruvo di Puglia che, con eventi culturali, come l’incontro dedicato alle radici europee del fenomeno delle processioni della Settimana Santa, o a tavole rotonde come quella dedicata ai 60 anni dei Trattati di Roma che si celebrano quest’anno, si preoccupa di diffondere in città il “sentimento europeo”, il senso di appartenenza alla comunità europea. La professoressa mi ha parlato dell’opportunità di partecipare all’evento organizzato dall’Agenzia Nazionale Giovani e ho subito preso la palla al balzo. Sono partita da sola, avendo una vaga idea di quello che sarebbe accaduto. Sì, conoscevo il programma ma quello che intendo è soprattutto un impatto emozionale. Quando sono giunta a Roma – e con me c’erano tanti pugliesi, provenienti da Lecce – ho conosciuto tanti ragazzi, di diversa nazionalità, ma la cosa che più mi ha colpito è che le nostre rispettive identità scomparivano perché ci sentivamo solo europei!».
Ascoltandola nella sede dell’AEDE (Association Europeenne Des Enseignants), in via Cattedrale 110, sembrerebbe che parli per proclami, ma noto il genuino fervore di questa ragazza, una “change maker” dal pensiero divergente dai consueti canoni, una cittadina attiva che intende migliorare la collettività.
«Quando ascoltavo, durante i workshop, le testimonianze di ragazzi che a 16-17 anni sono riusciti a innescare un processo che ha portato alla creazione di ospedali, scuole e centri sociali, ho pensato “perché non anche io?”».
Alcuni giovani sono disillusi dall’Europa. A volte giustamente, a volte no. Cosa ne pensa?
«Penso che sia necessario essere attivi, cioè essere i primi a determinare il cambiamento. Ritengo che i giovani – ma anche i meno giovani – non debbano aspettare che arrivi l’aiuto delle istituzioni. Certo esse hanno un ruolo fondamentale, a volte, per la concretizzazione dei progetti, ma se ognuno di noi si chiedesse “cosa posso fare io?” e agisse, darebbe vita a un processo generativo e benefico per la collettività».
Ecco, cosa si può fare?
«Si può fare rete con gli altri, collaborare, mettere a disposizione le proprie competenze, avere visioni più ampie».
A Ruvo di Puglia, secondo lei, è radicato il “sentimento” di un’Europa Unita?
«Non molto, nonostante l’operato dell’AEDE e di qualche docente. Per questo voglio che, soprattutto nelle realtà decentrate come la nostra, si dia slancio al senso di essere europei. Sono una sognatrice ma sono anche realista e, quindi, quello che penso non è mera utopia. L’Italia, le regioni del Sud, in particolare, sono state crocevia di diverse culture, quindi in noi albergano molte identità. Quindi non hanno senso i discorsi sulle differenze tra popoli. E poi, c’è una cosa che non dobbiamo dimenticare: siamo “animali sociali”, non isole, per cui proprio le differenze devono essere considerate fonte di ricchezza, non di divisione… e questo è scritto nella nostra Costituzione!».
Un altro consiglio ai suoi coetanei?
«Viaggiate – non è detto che si debba spendere tanto – entrate in contatto con nuove culture, abbiate la mentalità aperta. Scoprite nuovi mondi».
E il sentirsi cittadini europei potrebbe costituire un buon inizio.
(In evidenza la locandina della “Settimana Europea della Gioventù” presso la sede dell’AEDE)