Religione

FESTA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE: ALLE 19.00 LA SANTA MESSA CELEBRATA DA MONS. CORNACCHIA

L’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi ci consente di conoscere le radici del culto della Festa della Madonna delle Grazie che cade al giorno 16 di maggio.

Si celebra oggi, 16 maggio, la festa liturgica della Madonna delle Grazie, presso l’omonimo santuario in Ruvo di Puglia (zona industriale).
Sante Messe alle 8,00-9,00-10,00; alle 19,00 presiederà il Vescovo Mons. Cornacchia.
Il 24 maggio, festa esterna, s: Messa alle 9,00 e alle 19,00 presiedute dal Parroco don Gianni Rafanelli. 31 maggio, affidamento della Città alla Madonna.
Il delicato affresco venerato a Ruvo fu una delle quattro immagini mariane che don Tonino Bello volle intorno a sè, sul letto di morte, e proprio quello cui volse l’ultimo suo sguardo.
Su Luce e Vita di domenica 15 maggio, abbiamo pubblicato la recensione di un recentissimo volume di Franco di Palo che ricostruisce la storia del santuario:
«Non è sicuramente un caso che il culto della Madonna delle Grazie si attesti in chiese la cui collocazione topografica era, e talvolta è ancora oggi, in zone rurali, distanti dal centro abitato. Si pensi, solo per fare qualche esempio, alla chiesa della Madonna delle Grazie di Terlizzi attorno alla quale, nel XIX sec., sorse il cimitero comunale; si pensi alla chiesa della Mater Gratiae di Bitonto, detta del miglio, proprio perché distante circa un miglio dall’abitato; si pensi all’omonima chiesa suburbana di Ruvo di Puglia, che è oggi oggetto di un nuovo studio dal titolo “Da ruralis ecclesia a santuario cittadino. La chiesa della Madonna delle Grazie a Ruvo di Puglia” (Claudio Grenzi Ed., Foggia 2015), dello storico dell’arte Francesco Di Palo, con prefazione di Mons. Felice di Molfetta.
La rubastina chiesa extramuraria di S. Maria delle Grazie nacque, nella prima metà del XVII sec., per volere del Vescovo della città-diocesi Cristoforo Memmoli, in sostituzione di una precedente «piccola Cappella molto antica, sulla via che si dice di Bitonto» nella quale vi era un affresco raffigurante la Madonna delle Grazie.
Le ragioni dell’edificazione, come illustra Di Palo con vivo discernimento, furono plurime e vanno dalla concreta esigenza di avere un luogo più ampio e pratico per l’accoglimento dell’accresciuto popolo dei fedeli e visitatori (pastori abruzzesi transumanti in primis), alla sottile strategia “politica” del Memmoli che vedeva nel culto mariano della Virgo lactans un’opportunità per risanare quel duraturo aspro scontro tra i Vescovi di Ruvo e il Capitolo della Cattedrale, nonché ad un non tanto velato intento di riequilibrare la “gestione del sacro” che fino a quel momento era stata quasi esclusivamente ad appannaggio degli Ordini religiosi e delle confraternite laiche, a scapito del clero secolare.
Il contributo scientifico di Francesco Di Palo non può che principiare dall’analisi dell’iconografia mariana, locale e non, della Mater Gratiae, la cui origine è legata alla bizantina Galaktotrophousa, in latino Virgo lactans. Dal prototipo iconografico bizantino, con lo scorrere dei secoli e i mutamenti imposti dalla Controriforma, si è giunti alla Madonna con Bambino affrescata nel santuario rubastino che lo studioso riferisce ad un “madonnaro” pugliese della metà del XVI sec., oscillante tra le figure di Francesco Palvisino e dell’enigmatico pittore bizantineggiante noto solo attraverso la sigla ZT.
Le novità più importanti apportate dal volume del dott. Di Palo sono relative all’architettura del tempio. Non scoraggiato dalla totale mancanza di documentazione archivistica, lo studioso analizza attentamente la “documentazione materiale” ossia l’edificio stesso, giungendo a proporre, rinfrancato da consistenti indizi, l’attribuzione del progetto della chiesa a Carlo Rosa (Giovinazzo, 1613 – Bitonto, 1678), famoso artista formatosi a Napoli nella bottega del pittore ed architetto Massimo Stanzione, e particolarmente attivo in Puglia dove ha lasciato opere significative tra le quali le tele per il fastoso soffitto ligneo della Basilica di S. Nicola di Bari raffiguranti scene della vita e miracoli del Santo Vescovo di Mira. Partendo dall’unico progetto architettonico noto del Rosa, ossia la chiesa bitontina extra moenia del SS. Crocifisso, attraverso una serie di comparazioni, il Di Palo suggerisce di assegnare allo Stesso anche la chiesa del Purgatorio di Bitonto e il santuario ruvese della Madonna delle Grazie. Del resto, aggiungerei che il ricorrente motivo a bassorilievo della rosa, scolpito ora sulle metope della trabeazione (SS. Crocifisso; S. Maria delle Grazie), ora sulla portone ligneo (Purgatorio), potrebbe non essere un semplice motivo decorativo, bensì una vera e propria firma: un simbolo “parlante” che creerebbe l’equazione tra il fiore e il cognome dell’artista. Vezzo che, per altro, ho riscontrato in opere pittoriche come nel S. Giovanni della Croce ora al Museo Diocesano di Bari, laddove l’artista affianca al nome CAROLVS tre vistose rose.
Sempre al Rosa andrebbe assegnato, per ragioni stilistiche, anche l’affresco illusionistico dell’altare maggiore del santuario rubastino che riproduce un retablo con al centro uno stuolo di angeli. Si tratta della scenografica “macchina” illusionistica ideata per incorniciare la venerata immagine cinquecentesca della Madonna delle Grazie, rielaborando un modello che Di Palo riconosce con arguzia nella Madonna della Vallicella dipinta da Peter Paul Rubens nella chiesa dei Filippini a Roma.
Un legame quello tra Rubens e Rosa e tra i Filippini, o meglio San Filippo, e Rosa che lo studioso dimostra con pertinenti confronti e dati storici.
In conclusione, la personalità che emerge dal libro di Francesco Di Palo, è quella di un Carlo Rosa vero “deus ex machina” del santuario della Madonna delle Grazie di Ruvo, architetto e pittore ma anche soprintendente dei lavori e titolare di una bottega nella quale afferivano non solo pittori, come l’allievo Nicola Gliri, ma anche, molto probabilmente, «per argomentazioni ‘ambientali’ e circostanziali», scultori come l’altamurano Filippo Angelo Altieri (Altamura, 1646 – 1684).
Il tutto ci è presentato in una veste editoriale particolarmente coinvolgente e godibile per via dell’ampio formato tipografico ed il materiale fotografico di qualità sapientemente impaginato dall’editore Grenzi di Foggia.»

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