Errore umano, carenze tecnologiche, decisioni fatali: il quadro del disastro si sta delineando. Indagati i capistazione
I capistazione di Andria e Corato sono stati iscritti nel registro degli indagati come anche i dirigenti dell’Utif, la struttura periferica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La Procura sta ricostruendo, sulla base delle indagini della Polizia Ferroviaria, la dinamica del disastro ferroviario che il 12 luglio ha causato la morte di ventitre persone.
Errore umano e arretratezza tecnologica le cause.
La semplice installazione su quel tratto di rotaia di un sistema automatizzato di blocco treno avrebbe evitato la strage. Questo tratto di rotaia è l’unico binario unico in Italia che non dispone di tale dispositivo di controllo. Il motivo? L’Ustif aveva concesso una deroga rispetto a una direttiva europea (la 122 del 2015) che imponeva appunto sistemi di controllo automatici a dicembre del 2017.
Ma forse è stato ritenuto che investire sull’automatizzazione di quel binario fosse antieconomico. A ottobre del 2015, il tratto Corato-Andria doveva avere il doppio binario, la cui sicurezza era garantita da un sistema di controllo (Scmt) di ultimissima generazione. Questo grazie allo stanziamento di 33 milioni e 427mila euro finalmente sbloccati dopo quattro anni di lungaggini burocratiche dovute ai ritardi di Bruxelles. Quindi i soldi c’erano; bastava avviare tutto ma l’appalto, invece, non è stato nemmeno aggiudicato.
Intanto, il quadro che si sta delineando, grazie alle ricostruzioni rigorose e fondate su fatti accertati effettuate dagli investigatori della Polfer è il seguente.
I due treni coinvolti sono l’ET1016, che parte da Corato ed è diretto ad Andria, e l’ET 1021 che da Andria va a Corato. La collisione avviene esattamente alle 11.06, più o meno a metà del percorso.
Gli investigatori della Polfer hanno accertato che quel giorno si erano accumulati diversi ritardi dei treni in transito. Il 1016 si muove da Corato alle 10.58, con poco più di dieci minuti di ritardo rispetto all’orario di partenza, previsto alle 10.48.
Circa cinque minuti dopo aver lasciato la stazione di Corato, si trova sul binario l’ET1021 partito da Andria che avrebbe dovuto aspettarlo in stazione come ogni mattina.
Il capo stazione di Andria, Vito Piccarreta, lo sbaglio più grave fa partire l’ET1021, nonostante il binario sia ancora occupato dal treno che sta arrivando da Corato. I ritardi, la confusione, possono averlo indotto in un fatale errore. Il treno precedente (ET1642) sarebbe dovuto arrivare ad Andria alle 10.37 ma giunge alle 11.01, cioè alla stessa ora dell’arrivo del treno successivo. Quindi Piccarreta potrebbe aver confuso i due treni: infatti, pur vedendo davanti a sé l’ET 1642 scrive, nel fonogramma che invia al collega di Corato, la sigla ET1016.
Il sistema del blocco telefonico su binario unico, fondato sullo scambio di fonogrammi, prevede che prima di dare il via a un convoglio, il capostazione debba avere l’autorizzazione dalla stazione dove il convoglio dovrà arrivare. Infatti non ci possono mai essere due treni sullo stesso tratto, nemmeno se vanno nella stessa direzione. E’ una regola fondamentale per evitare tamponamenti e disastri.
Secondo la Polfer, anche Alessio Porcelli, il capostazione di Corato, potrebbe aver commesso un grave errore. Pare che il treno ET1016 sia partito da Corato quando ancora il precedente non aveva raggiunto Andria. Secondo i magistrati, da Corato avrebbero potuto capire che c’era qualche incongruenza esaminando il fonogramma inviato da Vito Piccarreta, perché non era possibile che il secondo treno fosse già arrivato ad Andria. Per arrivare ad Andria occorrono dieci minuti: ne erano passati cinque al massimo.
Di quello che stava per accadere altre due persone potevano accorgersene: il capotreno e il macchinista della vettura che da Andria si muove per Corato. Sul libretto di viaggio a bordo era specificato “l’incrocio”. Alla stazione dovevano avere i due treni provenienti da Corato prima di partire. Con questo doppio controllo visivo, previsto dalle procedure, il disastro si sarebbe evitato.
(Fonte La Repubblica)