«E quindi uscimmo a riveder le stelle»… con Franco Leone e il suo amato Dante
Un dottore informatico con l’acribia di uno storico e le velleità di un provetto letterato, testimone di quel fruttuoso sincretismo tra due universi paralleli, quali la matematica e la letteratura, che si guardano, si cercano, si ammirano ma difficilmente si incontrano fino a fondersi. E quando l’alchimia accade, l’anima si rinnova.
A garantirlo è Franco Leone, indiscusso protagonista dell’evento “Dalla Selva oscura al Paradiso”, promosso dal Lions Club Ruvo di Puglia Talos, svoltosi sabato al calar del sole, nella suggestiva cornice settecentesca della chiesa di San Domenico. Animato costantemente da un’inestinguibile sete di conoscenza, il coratino ha condotto i partecipanti in un viaggio estemporaneo alla scoperta dei tre regni oltremondani, declamando alcuni tra i più celebri versi della Divina Commedia di Dante Alighieri, di cui ricorrono i settecento anni dalla morte, corredati da una sequenza variegata di dipinti proiettati su un maxischermo.
Un itinerario reso possibile grazie anche al supporto della prof.ssa Cecilia Gattullo, della prof.ssa Franca Ventola e del musicista Salvatore Campanale, i quali –assieme a Leone– hanno regalato ai ruvesi una serata formativa che lascia ben sperare sulla futura organizzazione di rassegne culturali, dopo la sospensione forzata imposta dalle norme anticontagio da Covid-19.
Certo, è difficile stimare le tempistiche di un effettivo ritorno alla normalità, ma armati di buona volontà non ci resta che pazientare perché, comunque vada, riusciremo a ‘riveder le stelle’, proprio come è successo al Sommo Poeta durante il suo percorso spirituale di ascesa e redenzione. È da lui che vorremmo ripartire, concedendo spazio a chi dalle sue opere ha colto un messaggio vivo e straordinariamente contemporaneo, capace di superare l’ingiuria del tempo e di attecchire nel tessuto della società moderna. Dunque, parola al dr. Franco Leone…
Com’è nato il suo interesse per Dante?
«L’Interesse è nato ai tempi del Liceo. Ero affascinato già da allora dal modo in cui Dante fosse riuscito ad incuneare dentro i versi endecasillabi la sua immensa cultura. In particolare la storia e la geografia del suo tempo avevano trovato spazio dentro la musicalità delle sue terzine. Penso ad esempio alle vicende di Paolo e Francesca, di Farinata degli Uberti, del Conte Ugolino nell’Inferno, alle storie di Pia dei Tolomei e di Provenzano Salvani nel Purgatorio o a quelle di Piccarda Donati e di San Francesco nel Paradiso».
Ha mai visitato i luoghi in cui Dante ha vissuto?
« Ci sono dei luoghi danteschi che hanno riportato in auge in me quell’interesse per Dante che era rimasto un po’ nell’ombra dopo i tempi del liceo. Io sono un dottore informatico e pertanto nella mia vita mi sono concentrato molto su studi di carattere scientifico e tecnologico. In particolare, viaggiando, ho ritrovato i versi di Dante in alcuni posti dove poesia, arte e storia si incontrano e convivono. Uno di questi è l’Oratorio di San Silvestro nella Basilica dei Santi Quattro Coronati sul colle Celio a Roma, dove in un magnifico ciclo di affreschi duecenteschi è narrata la conversione di Costantino ad opera di Papa Silvestro sul Monte Soratte in seguito alla sua guarigione dalla lebbra. Qui è venuto Dante nel 1300, in occasione del primo anno santo della storia. Su queste pareti riecheggiano ancora i versi del 27° canto dell’Inferno «Ma come Costantin chiese Silvestro/d’entro Siratti a guerir de la lebbre». Un altro posto “dantesco” è la Piazza del Campo di Siena ove un’iscrizione ricorda l’episodio di umiliazione di Provenzano Salvani, signore presuntuoso di Siena, che all’apice del proprio successo qui si mise a chiedere l’elemosina, ottenendo il perdono da Dio. In Piazza del Campo è possibile rileggere i versi del canto 11° del Purgatorio: «Quando vivea più glorïoso,/liberamente nel Campo di Siena,/ogne vergogna diposta, s’affisse…». Un’emozione simile si vive all’ombra della torre Garisenda a Bologna: «Qual pare a riguardar la Carisenda/sotto ‘l chinato, quando un nuvol vada», oppure durante la Giostra del Saracino ad Arezzo quando si odono rimbombare nella Piazza Grande addobbata per la festa medievale i versi di Dante che ricordano la Battaglia di Campaldino del 1289: «Io vidi già cavalier muover campo… corridor vidi per la terra vostra,o Aretini».
Pensa che l’Italia debba valorizzarli maggiormente?
«Certamente sì. Dovremmo prendere esempio da Forlì, città degli Oderlaffi, presso cui Dante soggiornò durante il suo esilio. La città romagnola in occasione dei 700 anni della morte del sommo poeta ha organizzato una magnifica mostra con dipinti e opere d’arte provenienti da tutta Italia e da collezioni prestigiose di varie parti del mondo per raccontare la vita dell’Alighieri ed episodi della Divina Commedia. È un «tour dantesco» che valica i confini dello spazio e del tempo. Comunque tante sono le città che quest’anno si stanno attivando in tal senso: Ravenna, Cesena, Roma, Firenze, Pistoia, Arezzo, Milano, Mantova, Gradara, Napoli, Reggio Emilia, Bari, Ruvo di Puglia… solo per citarne alcune».
Quale opera di Dante preferisce e quale ritiene che sia straordinariamente contemporanea?
«Il “De Monarchia” è attuale da un punto di vista politico per alcuni concetti validi ancora oggi, ma la più contemporanea secondo me è “La Divina Commedia”. Da 700 anni ancora la nostra società si lascia attanagliare dal giogo dei sette vizi capitali. Gli innumerevoli atti di violenza contro le donne ci evocano le storie di Francesca, di Pia de’Tolomei, di Piccarda. La cupidigia, l’avarizia e l’eccessivo attaccamento al denaro risultano ancora tra i peggiori dei mali come lo erano ai tempi di Dante:per denaro si può arrivare a sottovalutare la vita degli altri. Recentissimi episodi di cronaca ne sono un doloroso esempio. La tracotanza di Filippo Argenti è un altro esempio di come i mali della società del Trecento siano ancora inglobati nel tessuto del nostro tempo. Lussuria, avarizia, ira, superbia… e poi ancora accidia, gola, invidia sono immortali come i geni che si trasmettono di generazione in generazione».
Perché ha scelto La Divina Commedia come oggetto dei suoi studi?
«La mia scelta è caduta su La Divina Commedia perché oltre a presentarci una sequenza di fotogrammi di vizi e virtù del Trecento rappresenta un magnifico viaggio poetico in almeno un centinaio di città e di siti della nostra Penisola. Trovo che i versi più belli mai dedicati a una città siano quelli con cui Dante fa descrivere a Francesca la sua Ravenna: «Siede la terra dove nata fui/su la marina dove ‘l Po discende/per aver pace co’ seguaci sui». Mirabile è anche la descrizione del Lago di Garda da parte di Sordello nel Purgatorio: «Suso in Italia bella giace un laco, /a piè de l’Alpe che serra Lamagna/sovra Tiralli, c’ha nome Benaco». Ho anche riscoperto dei versi bellissimi con cui Carlo Martello nel Paradiso descrive l’Italia Meridionale, prendendo come punto di riferimento soltanto tre città che identificano tre punti cardinali diversi e che si affacciano su tre mari diversi: Gaeta, Bari e Catona. Questa è la narrazione: «quel corno d’Ausonia che s’imborga/di Bari e di Gaeta e di Catona,/da ove Tronto e Verde in mare sgorga».
Pensa che nel panorama letterario moderno o contemporaneo possa esserci qualcuno che sfiori o raggiunga Dante per la bellezza dei suoi versi?
«Dante resta e resterà irraggiungibile: egli è il padre della nostra lingua. Il prodigio di unire tante regioni della Penisola Italica sotto una sola lingua gli è riuscito mirabilmente. Ciò che però conferisce un valore aggiunto al sommo “vate” è il fatto che il nostro idioma viene considerato il più bello e musicale del mondo».
Ha dei progetti futuri?
«In collaborazione con lo “Spoleto Art Festival”, con la Regione Marche e con l’emittente radiofonica di Ascoli Piceno Radio Studio Erre sto presentando insieme alla giornalista Paola Biadetti le varie cantiche della Divina Commedia. L’emittente radiofonica è ottimamente inserita nel contesto di tutti i social network, per questo il nostro progetto è in tal senso molto divulgativo anche tra le nuove generazioni».
Ha dei progetti anche all’estero?
«Sì, nelle repubbliche baltiche di Lettonia ed Estonia. Il 14 settembre, giorno della morte di Dante, sono stato convocato nella capitale lettone Riga presso la Biblioteca Accademica dell’Università della Lettonia per presentare un evento totalmente dedicato a Dante con il Patrocinio del Mistero della Cultura. La manifestazione culturale è stata organizzata dalla dott.ssa Hella Milbreta Holma vicepresidente della Dantes Aligjēri biedrības Latvijas nodaļa ovvero Associazione Dante Alighieri in Lettonia. Declamerò i versi del canto 1 e del canto 5dell’Inferno a memoria in italiano; io tradurrò il significato in inglese mentre un interprete renderà il senso delle terzine dantesche anche in lingua lettone. Per la città di Riga ho anche scritto una poesia in versi endecasillabi che donerò all’«Associazione Dante Alighieri in Lettonia» e che è già stata tradotta nella lingua baltica. Il 24 agosto, invece, giorno del 30° anniversario della rinascita della Repubblica dell’Estonia farò un evento in diretta streaming dall’Italia con la capitale Tallinn, per la quale ho scritto una poesia in versi endecasillabi rispettando la metrica dantesca sulle torri medievali della città. La poesia è stata tradotta in lingua estone. Parleremo anche di Dante. Porterò la bellezza della nostra lingua ai confini del Nord Europa».
Quale messaggio vuole inviare alle nuove generazioni?
«Prendendo spunto soprattutto dal mio evento nel Nord Europa vorrei trasmettere ai giovani questo messaggio: studiamo la bellezza della nostra Italia in tutte le sue forme possibili (sia essa arte, poesia, musica, teatro…) e portiamola prima dentro di noi. Ne usciremo comunque arricchiti. Guarderemo i posti e le città con occhi diversi, entreremo nelle vite di altri personaggi e troveremo qualcosa di noi in loro, ascolteremo la musicalità della nostra lingua con un orecchio diverso, ci faremo trasportare dalla curiosità e troveremo nuovi impulsi culturali fuori e dentro di noi. Se poi tutto questo non ci basterà potremo provare a donare le nostre emozioni agli altri, diventando noi protagonisti della cultura e magari potremo provare a comunicare la bellezza dell’Italia anche fuori dei nostri confini. Questo è quello che almeno sto cercando di fare io».
Le fotografie sono di Joseph D’Ingeo.