Don Vincenzo Pellegrini ricorda Don Gino Martella
E’ tratto dal sito http://redentoreruvodipuglia.blogspot.it/ lo scritto di don Vincenzo Pellegrini e della sua comunità, nel quale ricorda don Gino Martella.
Mi sembra il modo più adeguato per salutarti nel momento del repentino distacco da noi. In verità, mi ero accorto che i tuoi giorni potevano finire da un momento all’altro: da quel giorno della festa dell’Ottavario del Corpus Domini a Ruvo, fino alla sera del 29 giugno scorso, ultimo nostro incontro nella sacrestia della Cattedrale di Molfetta. Vari avvenimenti ti avevano spento il sorriso di sempre. Che dire in questo momento triste e doloroso? Se non farti tanti auguri per la tua nuova nascita: lasci le scorie di questo mondo nel quale siamo chiamati a vivere e rinasci alla vita nuova nel Signore risorto che hai amato e annunziato. Auguri per la tua nuova dimora in cui ti trovi, in Dio. Finalmente gli specchi si sono infranti e tu vedi faccia a faccia quel Signore per cui ti sei speso e consumato come giustamente avevi sintetizzato nel tuo motto episcopale: “Propter nomen suum” – Per amore del nome di Lui!
Tutto operato, compreso e vissuto per la causa di Cristo e del Vangelo. Che dire dei nostri rapporti e quelli con la mia comunità? Ti abbiamo sempre voluto bene e segni te ne abbiamo dati tanti: li ricordavi nei vari incontri in parrocchia per le varie celebrazioni o in quelli con i gruppi parrocchiali, durante le feste o le tue adunanze durante l’indimenticabile Visita Pastorale, con il Gruppo Famiglia che un anno fa ti ebbe insieme a colazione a Villa Pasqualina, con i fratelli del Cammino neo-catecumenale, con gli amici di S. Rocco. Ma soprattutto durante le celebrazioni del centenario della fondazione della chiesa (1902) e quella della istituzione della parrocchia (1904). Quanti bei ricordi, incisivi, profondi, che hanno segnato non poco il cammino di questa diletta comunità che Don Tonino mi affidava nel 1983. E poi i pellegrinaggi fatti insieme soprattutto a Lourdes e in Terra Santa. Sei morto in solitudine. Ma forse con Giovanni Papini tu ne avevi un altro concetto, quando diceva: “Chi disse: guai al solo! Non misurò che la propria paura… la solitudine per quelli di ricca anima è premio, non espiazione. Non può sopportare la solitudine, il mediocre, il piccolo. Chi non ha da offrire. Chi ha spavento di sé e del suo vuoto. Chi è condannato all’eterna solitudine del proprio spirito, desolato deserto interiore dove non crescono che l’erbe velenose dei luoghi incolti. Chi è irrequieto, annoiato, avvilito quando non può dimenticarsi negli altri, stordirci nelle altrui parole, illudersi vivo nella vita fittizia di quelli che si illudono in lui, al par di lui…”.
Caro don Gino, sul punto di accendere il cero pasquale posto accanto alla tua bara mi è venuto di pensare al cammino sollecito verso l’aurora del sole che non tramonta, Gesù Cristo, risorto da morte. Verso il Signore che benedice le aurore e i tramonti e che tu hai cercato con ansia nell’alternarsi dei giorni e delle notti che ti spingevano verso la morte, timoroso sovente di non resistere alle prove, di arrenderti al compromesso e all’infedeltà. La stagione dei fiori non è finita: persino nei momenti che hanno preceduto il tramonto (e credo che in diversi ce ne eravamo accorti) tu hai parlato con il tuo silenzio, mentre sembrava che implorassi con il grande Newman: “Togliti il velo, Signore, e splendi su di me in gloria e in grazia”. Ora che hai varcato le severe soglie del transito, veniamo ad apprendere da te l’ultima lezione. Alla luce del cero pasquale che dirada le tenebre dell’orgoglio, placa le angosce, alimenta la speranza, tu hai considerato ogni persona, da te incontrata sulla tua via, l’individuo sempre grande e sempre piccolo, con i suoi cenci, con i suoi gioielli, egualmente nascosti. Sapevi che la grandezza dell’uomo sta nel tendere alla perfezione, più che nel possederla. Il tuo approdo alle spiagge dell’eterno, la tua Pasqua che è stata feconda comunione con i tuoi ideali e il tuo passato, con la diocesi da te guidata, con i tuoi Santi e con i tuoi morti, con i progetti attuati o falliti e con le ferite sanguinanti, ti hanno messo in grado di confessare sino all’ultimo: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo!”. Auguri don Gino. Anche noi speriamo di raggiungere un giorno la Galilea dove sei andato ad attenderci. E là, siamo certi che ci verrai incontro e ci ripeterai col tuo immancabile sorriso che oggi ci manca: “Avete visto che è andato tutto bene?”. Così vogliamo ricordarti noi comunità del SS. Redentore che sempre ti ha voluto bene.
Don Vincenzo con gli Amici della comunità