Don Ignazio e don Massimiliano diaconi
Nominati diaconi don Ignazio De Nichilo e il ruvese don Massimiliano De Silvio. Proponiamo l’omelia della celebrazione di sabato 5 settembre 2020 pronunciata dal vescovo S.E. Domenico Cornacchia e pubblicata sul portale diocesimolfetta.it.
“Carissimi tutti, con gioia grande, questa sera, in prossimità della Festa della Madonna dei Martiri, la nostra Chiesa diocesana accoglie due suoi figli, Ignazio e Massimiliano, per l’Ordine del Diaconato. Ringraziamo il Signore e la Vergine Santa!
La parola di Dio ascoltata ci invita a considerare che tutti, specie chi viene investito dalla grazia dell’Ordine Sacro, siamo chiamati ad:
1° Essere tessitori della tela della tenerezza di Dio. Il Signore, esorta così il profeta Ezechiele: “Ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele” (Ez 33, 7). Sentinella non spione dei fratelli, solerte mezzo della misericordia divina, non giustiziere di nessuno. Vale a dire che la sorte, positiva o negativa dell’altro, dipende, in qualche modo, anche da me.
Non ci vuole molto a comprendere che oggi è sempre più dilagante un modo di agire all’insegna dell’indifferenza e dello scarto, direbbe Papa Francesco, trascurando, invece, quello della correzione fraterna e dell’amore. Don Lorenzo Milani ai suoi giovani alunni faceva scrivere sui muri della scuola di Barbiana: I care (= mi interessa, mi appartiene). Siamo chiamati a sentire, ad origliare, a fare nostri, i gemiti di chi non ce la fa o rimane ai margini dell’attenzione pubblica. Le speciali antenne per sentire secondo Dio sono la benevolenza e la sollecita carità!
Il Vangelo dice: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo, tra te e lui solo…”; (Mt 18,15). Così come nella prima Lettura abbiamo sentito: “Se io dico al malvagio: ‘malvagio, tu morirai’, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte, domanderò conto a te” (Ez 33, 8).
Con sollecitudine ed amorevolezza dobbiamo andare verso chi ha bisogno e, come diceva Don Bosco: dobbiamo colpire il peccato, ma amare il peccatore, sempre!
2° In secondo luogo, siamo tutti invitati ad assolvere al dovere di amarci vicendevolmente! Forte è l’invito di Paolo: “Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole” (Rm 13, 8). Amare non è facoltativo per un cristiano, ma quasi un debito da assolvere, prima che sia troppo tardi. Ciò che conta però è il come si dice o si fa una correzione. Il modo, tante volte, è più incisivo dello stesso messaggio che si intende dare. Sempre il grande educatore Don Bosco affermava che il bene va fatto bene.
3° Siamo inoltre chiamati ad essere testimoni di una fede operosa. “La fede senza le opere è morta” (San Giacomo). Così infatti, ci fa pregare l’ Orazione della Colletta di Ordinazione diaconale: “Dio Onnipotente ed eterno, donaci di testimoniare nella vita, il mistero che celebriamo nella fede” (Cf At 4, 1ss.).
Il diacono allora chi è?
È colui che parte, prima degli altri, in soccorso di chi ha bisogno; è chi ascolta e vede più lontano (sentinella); è colui che si gioca la vita senza rimpianti. Il diacono è chi dona molto, perché dona con gioia: salute, affetti, intelligenza, cuore, tempo…! Diacono dunque è colui che vive per servire, non per servirsi degli altri.
Oh, com’è bello sentirsi dire a volte: sì, ho bisogno di te, mi servi! Viceversa, è deprimente non essere presi in considerazione o peggio quando dovessero dire di noi: “Non mi servi, non sei buono a nulla”. Pensiamo: dipende solo da noi, far dire una cosa o l’altra a chi ci sta vicino.
Diacono ancora, è colui serve, che è utile e si mette in atteggiamento di servizio, sincero, gratuito, senza alcuna riserva o condizione. È colui che ha il cuore pieno di Dio, per cui non c’è posto nella sua vita per nessun altro amore, arraffato sottobanco o raggiunto a poco prezzo.
Mons. Tonino Bello invitava i giovani diaconi ad alternare: stola e grembiule, ovvero il sacro e il profano; il tempo da dedicare a Dio e quello da donare al prossimo; lo stare dinanzi a Gesù nel Tabernacolo e ad aprire il cuore al tabernacolo di Gesù: il povero, il bisognoso, l’emarginato, il forestiero, ecc.
Non dimentichiamo carissimi che siamo fragili, di terra cotta, e perciò preziosi. Non si tratta, né si adopera, un cristallo di Murano, come un pezzo di legno qualsiasi. Così è il consacrato: umile, ma assai importante per il Signore.
Miei cari Massimiliano ed Ignazio, ricordiamo che non siamo in comproprietà: di Dio e… di qualcun altro, ma solo del Signore, che tutto abbraccia e di tutto si occupa; quindi anche del prossimo e delle cose terrene. A tal punto sottolineo che i nostri fedeli hanno il diritto di percepire ed accorgersi che non stiamo giocando a nascondino: siamo ministri sacri e tali dobbiamo apparire: testimoni e donatori di Dio. Siamo nel mondo, ma non siamo del mondo, dice Gesù.
Abbiamo rinunciato, sì, ad una nostra famiglia, ad una moglie e figli, ma il nostro dev’essere un amore sponsale, totale, gioioso e senza nostalgia. Questo è il senso vero del nostro celibato per il Regno.
Tutti da noi devono sentirsi amati e rispettati, mai usati o ingannati! Siamo di tutti, ma di nessuno in particolare.
Lo scrittore cattolico francese Jacques Maritain diceva: “Oggi, l’unica via che porta a Gesù è la nostra testimonianza”. Così come: “Per essere veramente libero devi legare te stesso” (Silvano dal Monte Athos).
Voi cari sacerdoti e diaconi, accogliete Ignazio e Massimiliano, con amorevolezza e gioia; siate per loro esempi da imitare e non da evitare.
Ringrazio i genitori, gli educatori dei Seminari, i parroci, di origine e di pastorale, con quanti hanno permesso a Massimiliano ed Ignazio, di giungere a questo momento. Chiedo il continuo ricordo nella preghiera. Un sincero grazie al Padre Generale della Famiglia di San Giuseppe Cottolengo di Torino, Don Carmine Arice e Mons. Gianni Caliandro, Rettore del Pontificio Seminario Regionale di Molfetta.
Il Signore ci conceda di perseverare nel suo amore!
“Maria, brilli nella vostra vita, come Stella maris” (Benedetto XVI, Spe salvi, 49). Certamente non temeremo le bufere della vita se ci fidiamo del timoniere che è Gesù!
Così sia.
+ Domenico Cornacchia, Vescovo