Dalla pandemia all’endemia: verso la gestione ordinaria del paziente Covid-19
“Dalla pandemia all’endemia”: uscire dalla fase emergenziale ed entrare in quella di gestione ordinaria del paziente positivo al virus Sars Cov 2 affetto da patologie diverse dal Covid 19. Sono già proiettate nel prossimo futuro le esperienze di ASL Bari, Policlinico di Bari ed Ente Ecclesiastico Miulli di Acquaviva delle Fonti, al centro oggi di un confronto nel seminario intitolato “Dalla pandemia all’endemia: verso la gestione ordinaria del paziente Covid-19” che si è tenuto nella sala conferenze dell’Ospedale della Murgia “Fabio Perinei” di Altamura.
Il seminario è stata la prima occasione per avviare un ampio dibattito all’interno della Sanità Pubblica locale, messa a dura prova da due anni di pandemia e, nello stesso tempo, pronta a rilanciare il proprio ruolo, facendo tesoro delle esperienze maturate sul campo e rendendole coerenti con le nuove esigenze e declinazioni dell’assistenza sanitaria.
Durante i lavori è intervenuto in video collegamento Rocco Palese, assessore regionale alla Sanità. «Il sistema sanitario è abbastanza stremato – ha spiegato Palese – purtroppo non siamo ancora fuori, il Covid in Puglia come nel resto del mondo ha governato tempi e modi. Va dato atto che in Puglia c’è stato un impegno fortissimo per assistere i pazienti Covid ma anche e soprattutto nella campagna vaccinale. Dobbiamo fronteggiare ora anche le altre patologie del long Covid come depressione, ansia e le altre conseguenze per la salute. Bisogna stare sempre con la guardia alta, essere pronti ad avere la possibilità strutturale, professionale e tecnologica di intervenire per tempo e tutte le esperienze vanno valorizzate e messe sul campo».
A fare gli onori di casa, Antonio Sanguedolce, direttore generale ASL Bari, in video collegamento. «C’è bisogno di un ripensamento della assistenza – ha detto Sanguedolce – abbiamo scelto l’Ospedale Perinei per avviare questa riflessione perché è stato l’ospedale Covid della ASL di Bari che per primo si è riconvertito e colgo l’occasione per ringraziare tutto il personale che si è impegnato, in questi due anni, per il contributo assicurato senza misura alla comunità e al territorio. Il Perinei è riuscito a ideare in questi due anni i percorsi per attività Covid e per attività ordinarie. Il tema di oggi su come affrontare il Covid è il vero tema del futuro prossimo. Dobbiamo considerare questa patologia respiratoria come le altre ma ha bisogno di essere trattata in maniera diversa. Quello attuale è uno scenario diverso ora rispetto a quello che abbiamo vissuto un anno fa grazie alle vaccinazioni, non è più la stessa cosa. Non possiamo tornare come eravamo prima della pandemia ma dobbiamo tornare migliori, ricreare un modello utile a gestire in ordinario la pandemia senza tornare al passato e prepararci ad eventuali sorprese».
Il confronto a più voci ha toccato i temi strettamente legati alla pandemia, dallo scenario epidemiologico al ruolo del Dipartimento di Prevenzione e della Telemedicina, dalla dimensione polivalente dell’assistenza sanitaria – ospedaliera, territoriale e integrata – alle funzioni classiche dell’Emergenza-Urgenza e 118 sino alla funzione dell’Ospedale dedicato alle Maxi Emergenze. Esperienze, proposte e nuovi percorsi sviscerati da alcuni dei professionisti impegnati a diversi livelli nel gestire l’emergenza e, ora, nell’immaginare e programmare la nuova fase della gestione ordinaria al tempo del Covid.
Per il direttore sanitario della ASL Danny Sivo «la capacità del virus di incidere sulla nostra salute è calata drasticamente: i dati dicono che l’impatto della malattia tra i vaccinati è incommensurabilmente inferiore rispetto ai non vaccinati, così come è diminuito l’ingresso in terapia intensiva, in termini assoluti e relativi. Avremo altre ondate – ha precisato – ma dobbiamo gestirle adeguando il sistema sanitario, che deve avere un atteggiamento diverso per curare i pazienti Covid e soprattutto quelli non Covid. Ci servono modelli nuovi, dai prossimi mesi, che ci consentano a ottobre e novembre di affrontare i nuovi casi di Covid con un setting assistenziale un po’ diverso, in grado di gestire i positivi con altre patologie in isolamento funzionale e non in interi ospedali dedicati al Covid. Tre gli scenari sanitari possibili, dal migliore al peggiore: la convivenza con il virus; la gestione con ospedali Covid e infine la “postura da lockdown” del 2020. In questi mesi, insomma, dobbiamo pensare a come arrivare alla stagione autunnale preparandoci per il peggio ma sperando nello scenario migliore possibile».
La riorganizzazione dei modelli di assistenza deve necessariamente partire dal quadro epidemiologico di cui ha parlato Lucia Bisceglia, Direttrice Area Epidemiologia e Care Intelligence AReSS Puglia. «La curva epidemica – ha commentato – è in discesa ma sta interessando le classi di età anziane e le comunità fragili che hanno ricevuto la terza dose ormai 5 mesi fa: rimane fondamentale la protezione degli over 70 e dei vulnerabili, anche attraverso strategie di prevenzione mirate. La sfida dell’endemia deve partire da quello che abbiamo vissuto, adeguando il sistema sanitario, la situazione è mutata e perciò dobbiamo adattarci, con la consapevolezza che ricoveri e decessi rimangono comunque importanti».
Fulvio Longo, direttore Spesal Area metropolitana del Dipartimento di Prevenzione, ha raccontato il ruolo del Dipartimento nella gestione della pandemia da Covid-19 e della campagna vaccinale Covid, oltre gli aspetti salienti della gestione della sorveglianza Covid, tra cui l’istituzione dell’Epidemic Intelligence Center, la centrale di sorveglianza epidemiologica per tutta la provincia. «In un contesto del tutto nuovo – ha chiarito – dobbiamo riflettere sugli errori fatti, ma dai quali abbiamo imparato a costruire il cambiamento, basato sull’adeguamento delle risorse umane e sulle esperienze costruite sul campo, dalle rsa alle aziende sino alla realizzazione degli hub vaccinali».
Rispetto alla sicurezza dei percorsi «la fase di passaggio dell’infezione da pandemia ad endemia – ha sottolineato Vincenzo Defilippis, Direttore Dipartimento Sicurezza e Qualità della ASL – implica una nuova gestione assistenziale dei pazienti contagiati. I pazienti asintomatici positivi vanno gestiti per la patologia acuta non covid-correlata nei relativi reparti specialistici, adeguando percorsi e ambienti assistenziali. Vanno adeguati in tal senso anche i percorsi di trasporto intraospedaliero e tra presidi. La rimodulazione procedurale assistenziale della ASL Bari implica anche un coordinamento con le altre strutture ospedaliere non ASL, al fine di proceduralizzare percorsi integrati e transaziendali assistenziali in sicurezza».
Ha parlato del “Modello Miulli” Vitangelo Dattoli, direttore sanitario dell’Ospedale ecclesiastico, già orientato – ha sottolineato – «al passaggio dall’Ospedale COVID dedicato all’ospedale COVID integrato, al fine di porre le basi, pur cautamente in continuo monitoraggio dei dati, per una convivenza con il virus, sperimentando un possibile modello funzionale alla fase endemica. Ciò in considerazione del mutamento continuo della situazione epidemiologica, sempre più caratterizzata da una riduzione del numero di pazienti infetti che necessita di ricovero per malattia Covid e con l’obiettivo di strutturare una risposta organizzativa alternativa ed adeguata al mutato e mutando quadro epidemiologico, ponendo particolare attenzione ai dispositivi utilizzati, alla vestizione e svestizione, percorsi con segnaletica e all’attività medico – chirurgica, che rappresenta la domanda di salute per cui il paziente si è recato nel presidio».
«Il ruolo dei Distretti socio sanitari – ha detto Vincenzo Gigantelli, Direttore Dipartimento Assistenza Territoriale nel suo intervento – è stato importante nel pieno della pandemia, soprattutto nel fornire assistenza domiciliare attraverso i medici Usca, ma potrà esserlo ancor più nella fase transitoria e post-pandemica, grazie ai nuovi modelli organizzativi che il gruppo di lavoro ASL sta mettendo a punto. Interventi di telemedicina e tele-riabilitazione a domicilio, forme di integrazione con la medicina generale e, in particolare, l’avvio delle UCA, unità di continuità assistenziale in grado di assicurare l’assistenza sanitaria diurna a domicilio in aggiunta al Servizio di Continuità Assistenziale, così come le UAD – Unità di Assistenza Domiciliare – finalizzate alla integrazione ed al potenziamento della erogazione di prestazioni domiciliari mediche e infermieristiche, attività integrate all’interno di un modello denominato unità di continuità assistenziale domiciliare diurna. Modelli e attività pensati per valorizzare nell’immediato l’esperienza maturata dalla USCA, ma anche come passaggi propedeutici rispetto agli ulteriori sviluppi realizzabili nei PTA e con le Case della Salute e gli Ospedali di comunità».
Felice Spaccavento, Direttore UOS Fragilità e Complessità ASL, ha sottolineato l’impegno profuso nelle cure a domicilio: «Abbiamo applicato ai pazienti Covid tutti i trattamenti che già facevamo per i pazienti fragili, gestiti e trattati con l’unità di Cure palliative, riuscendo a impiantare cateteri e peg a domicilio e formando i medici Usca per consentirgli di eseguire le stesse procedure. Poi con la telemedicina abbiamo assistito molti pazienti a casa, prescrivendo farmaci antivirali e anticorpi monoclonali a pazienti di terzo livello che non possono essere spostati dal domicilio e pochissimi di essi hanno avuto bisogno del ricovero. Questa attività territoriale è il futuro della medicina, che va rafforzata a domicilio, con nuove tecnologie e sistemi».
Dell’attività della Centrale Operativa 118 Bari ha parlato Teresa Radicione, che ha ricordato «il sovraccarico di chiamate della prima fase, con richieste d’intervento ma anche semplicemente di quesiti posti da persone che cercavano aiuto e consigli». «Riceviamo almeno 1000, ma anche 1500 e 2mila chiamate in una giornata – ha aggiunto – con una valutazione e il possibile intervento di un equipaggio in circa 2-300 casi, di cui solo una parte riguardano il Covid. La realtà stessa della pandemia è cambiata strada facendo. Ora è fondamentale sapere se in casa ci sono pazienti positivi, circostanze che ci impongono di muoverci con la massima allerta, anche per capire subito quale sia l’ospedale più adatto al paziente preso in carico».
Antonio Daleno, Dirigente Medico Responsabile Ospedale per le Maxi Emergenze della Fiera del Levante, A.O.U. Policlinico di Bari, ha sottolineato il ruolo dell’Ospedale in fiera «un ospedale ideale – le sue parole – per come è strutturato, con un unico ingresso dalla camera calda e una struttura baricentrica, sicuro per i pazienti e anche per gli operatori. L’esperienza ci ha insegnato che il paziente Covid va trattato in una maniera diversa, con percorsi organizzati e in una linea ben definita. Di qui l’importanza dei nuovi ospedali e in particolare dell’adeguatezza organizzativa dei reparti e della dotazione standard di personale, con l’auspicio che aziende sanitarie e ospedaliere sappiano parlare la stessa lingua».
Silvio Tafuri, Professore Ordinario di Igiene Generale e Applicata, Università degli Studi di Bari «Aldo Moro» ha puntualizzato che «ora i ricoveri in terapia intensiva diminuiscono rispetto all’aumentare dei ricoveri ospedalieri: è cambiato il paradigma della malattia che sta diventando sempre più infezione, con tanti pazienti positivi ma senza malattia Covid, una quota passata dal 33 al 54%. Ciò sta modificando il paradigma dell’assistenza, trasformandolo da un problema di sanità pubblica in un problema di infezione ospedaliera. Dobbiamo garantire a questo tipo di pazienti – ha rimarcato – un’assistenza specialistica di branca, magari in aree multispecialistiche, preservando le condizioni di isolamento respiratorio».
Un’indicazione che nella ASL Bari ha già diverse sperimentazioni operative in corso. Ne ha parlato Angela Leaci, Direttore Dipartimento delle Direzioni Mediche dei presidi ospedalieri, illustrando l’istituzione di un modello di gestione dei pazienti Covid in un’area multidisciplinare, attivato al San Paolo a gennaio 2022, che «rappresenta la prima area COVID ad essere stata realizzata in Italia a gestione infermieristica, e consente di poter affrontare al meglio la fase endemica del COVID-19, sia ottimizzando i posti letto nei reparti COVID, dedicandoli esclusivamente ai pazienti con sintomatologia respiratoria acuta moderata/grave e/o con complicanze, sia mantenendo inalterate le attività di degenza non COVID». «Altri efficaci esempi – ha sottolineato in chiusura – di gestione in aree multidisciplinari sono stati realizzati negli ospedali di Monopoli e “Di Venere”, oltre a stanze “grigie” dedicate a Molfetta e Corato, con un’attività che ha evitato il massiccio ricorso agli Ospedali Covid di Altamura e Putignano e nello stesso tempo ottimizzato le risorse e garantito l’appropriatezza dei ricoveri in base alla gravità della patologia».