CORREVA L’ANNO 1971: IL RUVESE ANTONINO LORUSSO UCCISO DALLA MAFIA
E’ la mattina del 5 maggio 1971 quando il ruvese Antonino Lorusso, Appuntato del Corpo degli Agenti di Custodia, perde la vita, assieme al Procuratore Capo della Repubblica di Palermo, Pietro Scaglione, in un attentato mafioso che, secondo il parere di molti, segnerà l’inizio della guerra tra Stato e Mafia in terra siciliana.
Quella mattina, il Dott.Pietro Scaglione, come di consueto, dopo essersi recato al cimitero per deporre un mazzo di fiori sulla tomba della moglie, stroncata qualche anno prima da un male incurabile, salì a bordo della macchina di Stato per essere accompagnato dall’agente ruvese Lorusso al Palazzo di giustizia.
Non appena l’auto 1500 guidata da quest’ultimo imboccò via Cipressi, però, una macchina 850 di colore bianco, all’altezza del convento dei Cappuccini, le si affiancò, stringendo il veicolo verso il muro. L’agente Antonino Lorusso cercò in ogni modo di destreggiarsi per conquistare la fuga ma, alla fine, dovette arrendersi. Dalla 850 una pioggia di bossoli investì il Procuratore Scaglione, morto all’interno della vettura, e l’agente Lorusso, successivamente finito a colpi di rivoltella.
Qualche minuto dopo l’agguato, una macchina della Polizia nel frattempo sopraggiunta sul luogo trasportò le due vittime in ospedale dove vi giunsero ormai decedute. Tra i primi ad accorrere in via Cipressi, il Generale dei Carabinieri, Angelo Campanella, Comandante della VI Brigata in Sicilia, accompagnato dall’appuntato dei Carabinieri Mario Lorusso. A quest’ultimo toccò l’amara scoperta di riconoscere, in quella 1500 bianca trivellata di bossoli, l’autovettura di Stato con la quale suo fratello Antonino accompagnava ogni giorno il Procuratore Scaglione presso il Palazzo di Giustizia.
Antonino Lorusso, agente di custodia in servizio presso il carcere Ucciardone di Palermo, era nato a Ruvo di Puglia il 22 agosto 1929 per arruolarsi, poi, nel 1957. Morì il 5 maggio del 1971 mentre era in servizio, lasciando moglie e due figli in tenera età: Felice di otto anni e Salvatore di tre. I suoi colleghi, dopo l’atroce delitto, lo ricordarono così: “Era quel che si dice un pezzo di pane, proprio un uomo d’oro”.
Subito dopo l’attentato, molte abitazioni che si affacciavano in Via Cipressi furono sbarrate. Molti inquilini spaventati, per evitare di essere interrogati, preferirono allontanarsi dai propri immobili.
L’uccisione del Dott.Scaglione, magistrato che indagò e scoprì i segreti dei Corleonesi, rappresentò la prima di una lunga serie di toghe che, da quel momento in poi, si tinsero di rosso, prima di arrivare alla strage di Capaci.
L’attentato di Via Cipressi è stato considerato dai più il primo omicidio eccellente in Sicilia per mano della Mafia nei confronti dello Stato, un duplice delitto con un messaggio sotteso molto forte. Un vero e proprio salto di qualità nella offensiva della Mafia contro lo macchina dello Stato. Durante le inchieste che ne seguirono, il collaboratore di giustizia, Tommaso Buscetta, rivelò che a volere l’uccisione di Scaglione sarebbe stato Luciano Liggio.