Religione

Consulta Aggregazioni Laicali, nota in vista delle elezioni del 20 e 21 settembre 2020

Nota della Consulta Aggregazioni Laicali, nota in vista delle elezioni del 20 e 21 settembre 2020

L’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale del 20/21 settembre per il rinnovo delle cariche alla Regione Puglia, così come per il referendum sul taglio dei parlamentari, impone a noi comunità ecclesiale il consueto richiamo alla responsabilità di esercitare il diritto di voto e, prima ancora, ad informarsi correttamente e riflettere, perché la scelta operata sia frutto di un quanto mai opportuno discernimento. Eppure, sentiamo forte anche l’esigenza di esternare tutto il nostro disagio per le logiche che stanno caratterizzando questa atipica campagna elettorale, fortemente condizionata dalla pandemia da COVID 19, giocata tra la pausa spensierata e vacanziera dei cittadini e la fretta di chiudere gli appuntamenti sospesi, quasi fossero una fastidiosa parentesi. Il disagio non è solo frutto dell’insofferenza di chi vede e rileva l’inconsistenza e le contraddizioni del sistema. È figlio anche di una profonda sofferenza, provocata dalla lettura di quanto succede, delle dinamiche sottese, dei risvolti in prospettiva. Tuttavia non vogliamo elencare lamentazioni, ma indurre a riflessioni da condividere, da un lato per favorire la presa di coscienza dei candidati sul ritorno delle proprie azioni e strategie; dall’altro lato perché anche noi, donne e uomini comuni, possiamo ragionare sulla qualità della nostra partecipazione e cominciare da qualche parte ad agire, per esempio chiedendo a gran voce una riforma elettorale complessiva, che riesca a colmare vuoti e raddrizzare storture senza toccare i capisaldi della Costituzione.

I referendum: stanno passando sotto assoluto silenzio, perché in ogni caso non serve raggiungere un quorum, senza che di fatto sia stato messo in luce non tanto lo sbandierato taglio dei parlamentari, ma come avviene questo taglio, a quanto corrisponde in termini di risparmio e di rappresentatività, se ha senso o dà solo voce all’antipolitica, e quali sono le conseguenze che genereranno la scelta del  o quella del no, nel nostro sistema parlamentare.

I partiti: ormai da tempo hanno assunto connotazioni presidenzialiste-personaliste, con conseguente svuotamento della vita interna di partito e inceppamento della catena di trasmissione dalla base al vertice e sembrano impegnati a cercare l’uomo forte, a renderlo vincente con le dovute alleanze, puntando sulla scaltrezza, sull’immagine, sugli slogans, più che individuare figure autorevoli ed esemplari, che esprimano contenuti e posizioni chiare. L’impressione è che la coerenza non sia più una virtù, i programmi un ricordo lontano, destra e sinistra fumosi concetti filosofici.

Le liste civiche: sono numerosissime, la maggior parte sorte a sostegno di qualche candidato più in vista, a sua volta sostenitore di un candidato Presidente: un’esperienza di presa di distanza rispetto ai classici partiti, partita come germe di cambiamento dal basso, che però di fatto dura il tempo delle elezioni. Poi? Che fine fanno i candidati non eletti? Difficilmente c’è un dopo, un progetto, un prosieguo nell’esperienza politica, al di là dell’esito della tornata elettorale; spesso la lista si scioglie come neve al sole e, all’indomani delle votazioni, ciascuno torna nell’anonimato, a fare ciò che faceva prima, con l’unico risultato di aver fatto il portatore d’acqua al candidato governatore. All’interno delle stesse liste esiste una progettualità, una strategia, che non sia quella della frammentazione per pescare più voti, raccattando candidature nelle varie categorie “rappresentative”?

I candidati Presidenti: in campagna elettorale azzerano distinguo e differenze di identità in nome di coalizioni dettate da conteggi di voto e sondaggi, più che da alleanze politiche e imbarcano tutto e il suo contrario, consapevoli che “Parigi val bene una messa”, mettendo in conto tradimenti e voltate di spalle di chi guarda oltre fedeltà e appartenenze, a vantaggio del raggiungimento di una poltrona. Oppure ancora, difendono a spada tratta i distinguo, ostentando durezza e purezza fino ad eventuali contrordini, spacciati per necessarie ragioni politiche, provenienti dai vertici di Roma.

Sullo sfondo rimangono, un po’ sbiaditi, i reali problemi di questa regione, le scelte determinanti che riguardano sviluppo del territorio, sanità, istruzione, rapporto salute-lavoro, vocazione al turismo, ad essere “Puglia, arca di pace e non arco di guerra”, valorizzazione dell’ambiente, rilancio dell’agricoltura, piaga del lavoro nero e della criminalità organizzata, rischio di scippo delle risorse che ci condanna a diventare sempre più sud, fuga dei cervelli ed esodo dei giovani, gestione dell’immigrazione e dei finanziamenti. Si tratta di temi grossi, pesanti, e seri, che il COVID ha drammaticamente amplificato, che richiedono un’attenzione specifica alla loro interdipendenza e conseguenti azioni mirate su più piani intrecciati tra loro. Invece gli stessi temi spesso vengono rispolverati dai candidati all’occorrenza, in modo parcellizzato, approssimativo e confuso, senza far riferimento ad un progetto, una visione d’insieme, perché poi, si sa, entrano in ballo tanti interessi economici e la politica che vince è quella che accontenta un po’ tutti.

Già, la politica. La grande assente, di cui, da gente della strada, sentiamo veramente il bisogno. Una politica sana e una politica seria, lungimirante, per la Puglia, per i cittadini, generatrice di laboratori di idee che evolvono in concretezza, fatta da donne e uomini competenti, che vogliano davvero esprimere un servizio oltre la propria persona e carriera. Una politica che punti sul senso civico e sulla partecipazione, che lavori ancora a lungo, com’è sotto gli occhi di tutti dopo l’ultimo consiglio regionale, sulla parità di genere.

Il disagio sta anche nel non riuscire ancora a trovare forme adeguate per chiedere ed ottenere un cambiamento nello stile della competizione, nelle priorità, nelle intese; chiedere ed ottenere scelte chiare, rispetto a cui misurarsi e misurare, candidati di spessore, degni del ruolo che vorrebbero ricoprire, non politici adatti a tutte le stagioni, e una legge elettorale i cui meccanismi restituiscano reale potere decisionale ai cittadini. In questa fase storica il risentimento individuale e collettivo esige risposte coraggiose ed oneste. Chiediamo a tutti i candidati di essere veritieri, di non far promesse che sanno di non poter mantenere. Chiediamo la rinuncia alla fomentazione del rancore, anche attraverso l’uso dei social. Chiediamo la rinuncia alla semplificazione, che parla solo alla pancia, ma non aiuta a ragionare sulla complessità.

Infine, siccome possiamo sempre scegliere, sta a noi, comunità civile ed ecclesiale, lasciare che queste non rimangano istanze o, peggio, sogni di una notte di mezza estate. Occorre assumerci la responsabilità non solo di andare a votare, quanto di adoperarci concretamente, dal basso, per studiare formule, metodi, proposte e soprattutto creare un adeguato retroterra culturale, una corrente di pensiero, una sensibilità, che permettano, nel tempo, di costruire una realtà politica appropriata, centrata sulle reali esigenze delle persone, lineare e feconda nel nostro Paese.

 

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