COLDIRETTI PUGLIA: “NO A FERMO PESCA DOPO CRISI PER COVID; ESTERI 8 PESCI SU 10 NEL PIATTO”
Il crollo delle attività di trattorie, ristoranti e agriturismi ha un effetto negativo a valanga sulla pesca con le marinerie in Puglia ancora in affanno per il calo della domanda sul mercato interno. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia che chiede per il 2020 di rivedere profondamente il meccanismo o annullare il fermo pesca che quest’anno avrebbe un effetto ancora più negativo sul settore, con i pescatori che già sono rimasti fermi e inattivi durante il lungo lockdown causato dal Covid.
“Con le modalità attuali del fermo pesca, tra l’altro, si rischierebbe di dare un ulteriore impulso alle importazioni, considerato che già in periodi ordinari risultano importati dall’estero 8 pesci su 10 che finiscono sulle tavole”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.
“Nonostante la riduzione del periodo fisso di blocco delle attività – aggiunge il presidente Muraglia – l’apertura alla tutela differenziata di alcune specie e la possibilità per le imprese di scegliere i restanti giorni di stop, come richiesto da Coldiretti Impresapesca, il giudizio sull’assetto del fermo pesca come avvenuto nel 2019 non può essere positivo poiché la misura continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 33 anni di fermo pesca è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi”.
Quelli della pesca in Puglia sono numeri di assoluto rilievo, con un valore economico pari all’1% del PIL regionale, che si eleva fino al 3,5% se si considera l’intero indotto e conta oltre 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura.
“Il settore della pesca vive da anni una crisi strutturale, con una diminuzione costante delle imbarcazioni e dei suoi operatori. Di contro – insiste il presidente Muraglia – si assiste all’aumento del consumo di pesce con le importazioni dall’estero che hanno raggiunto livelli elevati, comprimendo ulteriormente il consumo di prodotto locale. Coldiretti è convinta che una possibile rinascita del comparto passi sostanzialmente per la tutela dei produttori dalle oscillazioni del mercato, che influenzano fortemente le condizioni della produzione nazionale, dove oltre il 90% del pescato è immesso nel mercato “fresco tal-quale” che rende impossibile la difesa del prezzo”, conclude il presidente Muraglia.
Per Coldiretti Puglia le politiche della Regione Puglia dovranno essere capaci di favorire le imprese a un nuovo modo di gestire il prodotto, con prodotti ittici a maggiore shelf-life per allungarne la vita commerciale e “produzioni a servizio” per una più alta valorizzazione del prodotto da commercializzare e compensando con politiche di mercato la minore capacità di pesca. Per Coldiretti Impresapesca lo sviluppo del comparto non è, dunque, sulla mera difesa di situazioni peculiari e di dettaglio, ma sulla migliore gestione degli stock, sulla ricerca di un prodotto a maggiore valore aggiunto, sulla riorganizzazione dell’intera filiera e dei mercati.
Per quanto attiene l’acquacoltura è necessario l’attuazione dei piani costieri – conclude Coldiretti Puglia – per una dettagliate gestione delle aree demaniali da utilizzare, rendendo possibile la loro acquisizione con valori di canoni sostenibili per le imprese.