CANILE DI RUVO: LA VERITA’ E’ ANCORA LONTANA
Riceviamo e pubblichiamo integralmente la nota della Lega Nazionale per la Difesa del Cane Ruvo, sulla vicenda legata al canile di Ruvo di Puglia.
La vicenda parte da una denuncia sporta da Malcangi Vito e Malcangi Mirko nel novembre 2013 in reazione all’ennesimo sequestro del canile “Dog’s Hostel” di Trani disposto dalla Procura di Trani con conseguente rinvio a giudizio di Malcangi Riccardo, Tatullo Maria e Malcangi Vito per rispondere dei reati di uccisione di animali ( 544 bi c.p), maltrattamento di animali (544 ter), detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura (727 c.2), interruzione di pubblico servizio (340 c.p.), violazione dei sigilli (349 c.p.) minaccia (612) e simulazione di reato( 367 c.p.) con conseguente avvio del proc. pen. n. 8013/2013-Trib. Trani tutt’ora pendente. Peraltro già nel Settembre 2008 tale struttura era stata sottoposta a sequestro per lunghi mesi a seguito dello sbranamento in essa avvenuto dall’anziane genitrice del Malcangi Vito e delle condizioni in cui la stessa versava.
Con tale denuncia i Malcangi hanno esposto di aver subito minacce ed intimidazioni dai rappresentanti del LNDC di Ruvo, accusandoli di contiguità con associazioni malavitose, in occasione della procedura negoziata di affidamento dei cani custoditi da anni da tale associazione nel canile di Ruvo di Puglia svoltasi ben 4 anni prima nel marzo 2009 e della successiva gara di affidamento dei cani del Comune di Andria svoltasi nell’Aprile 2013 a cui la LNDC era rimasta del tutto estranea.
A fronte di tale denuncia, accompagnata da una strumentale campagna mediatica dei Malcangi, la Lega Nazionale per la Difesa del Cane ha proposto querela per calunnia e diffamazione nei confronti dei medesimi con conseguente rinvio a giudizio e condanna del Malcangi Vito per rispondere del reato di cui agli artt. 81 cpv 595 commi 2 e 3 c.p. “perché con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, tramite interviste rilasciate al canale TV “tele sveva” al sito web “Andriaviva.it” e con dichiarazioni rilasciate e riportate nell’articolo pubblicato sul sito web “andriaviva.it” offendeva l’onore e la reputazione della LNDC (lega nazionale per la Difesa del cane)…con l’aggravante di aver attribuito alla parte offesa un fatto determinato, ossia la contiguità con associazioni malavitose.”.
Tale giudizio si è concluso con sentenza del Tribunale di Milano N. 7952/17 del 13.07.2017 con la quale l’imputato Malcangi Vito è stato ritenuto responsabile e condannato per il reato ascrittogli.
Analoga denuncia querela per calunnia e diffamazione è stata sporta anche da Rossini Antonio e Scuotto Giuseppina con conseguente avvio del procedimento penale a carico dei Malcangi n. 1431/14 RG tutt’ora nella fase delle indagini preliminari.
Inquadrandosi in tale contesto giudiziario la sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Trani in data 11\7\2018 risulta lampante che si è ancora ben lontani dall’accertamento in via definitiva della realtà dei fatti e della fondatezza dei reati ascritti agli imputati.
A quanto sopra deve aggiungersi che con la predetta sentenza il Tribunale ha comunque escluso la responsabilità degli imputati in relazione al contestato reato di turbativa d’asta sia con riferimento all’asta del Comune di Andria del marzo 2013 che, ancorchè per avvenuto decorso del termine di prescrizione, con riferimento alla procedura negoziata del Comune di Ruvo di Puglia del marzo 2009 sicchè nulla è stato accertato in ordine alle presunte minacce nei confronti di altri potenziali concorrenti che pure si erano costituiti parte civile nel processo.
Questa è allo stato la realtà processuale dell’intricata vicenda che, come appare evidente per chiunque, è ben lungi dall’essere approdata ad un definitivo accertamento di una presunta responsabilità penale dei rappresentanti della LNDC di Ruvo da presumersi innocenti ex art. 27 Cost. sino a sentenza definitiva.
Ovviamente i medesimi, pur continuando nonostante tutto nella loro encomiabile attività di volontariato che svolgono gratuitamente da anni senza lasciarsi intimorire o condizionare dalla strumentale campagna diffamatoria ai loro danni, non mancheranno di proporre appello avverso la sentenza di primo grado all’esito del deposito delle motivazioni.