“Bovio”, la scuola nata da una sfida. Quatela: «Proteggere l’archivio storico»
“L’istruzione elementare a Ruvo di Puglia. I tempi, i luoghi, i protagonisti”, quarto volume della collana “Studi Rubastini” (Pegasus Edizioni) per i tipi del Centro Stampa Litografica di Terlizzi, scritto da Francesco Bernardi e Giuseppe Caldarola e curato da Cleto Bucci, storico locale, è la narrazione di una sfida.
Nel 1913, nonostante un consistente debito pubblico, l’Amministrazione Comunale di Ruvo di Puglia decide di finanziare la costruzione di un edificio scolastico dove possano confluire studenti e docenti, sparsi in jusi e in locali comunali o affittati allo stesso Comune, poco spaziosi e non sempre adeguatamente illuminati. Si scommette, quindi, sull’istruzione creando un edificio civile a essa dedicata.
La più antica scuola ruvese, infatti, istituita nel 1820 per volontà dei Padri Scolopi, ha i suoi spazi nel Convento dei Domenicani. Ma qui si decide di fare un investimento nel lungo periodo e si affida il progetto all’ingegnere Egidio Boccuzzi. Ha inizio, così, la piccola grande storia del I° Circolo Didattico in via Corato, fino al 1948 denominato “Principe di Piemonte” e poi intitolato al filosofo e politico tranese Giovanni Bovio.
E proprio nell’Aula “F.lli Carrante” della scuola, poco meno di un mese fa restituita ai suoi fruitori dopo i lavori di ristrutturazione, giovedì scorso è stato presentato il volume di 200 pagine nell’incontro promosso dalla Pro Loco di Ruvo di Puglia.
Al tavolo Rocco Lauciello, presidente della Pro Loco e di Unpli Puglia; Cleto Bucci; l’assessora alla Pubblica Istruzione Monica Filograno; Giuseppe Caldarola; Giuseppe Quatela, dirigente scolastico dell’istituto e il maestro Gianni Todisco, moderatore.
Con rigore scientifico e stile emozionalmente fluido, Francesco Bernardi, docente e archivista, e Giuseppe Caldarola, architetto e ricercatore presso l’IUAV a Venezia, raccontano il microcosmo che gravita intorno alla “Bovio”, dapprima nell’area su cui insisterà l’edificio e che accoglie un macello pubblico e gli orti comunali, e poi nello stesso edificio, sia durante i lavori di costruzione rallentati dalla Grande Guerra, sia dopo la costruzione dello stesso, con cenni ai destini e del Boccuzzi, perseguitato politicamente per la sua opposizione al regime fascista, sia del costruttore Biagio Jurilli che morirà prima di aver ricevuto i compensi pattuiti.
È il 1924 quando le chiavi della scuola sono consegnate al direttore, ai docenti, agli alunni. Dall’ingresso principale in Largo Di Vagno entrano le autorità scolastiche, i maestri e gli alunni maschi; mentre le alunne accedono dall’ingresso di via Don Minzoni: segno della disparità di genere. L’edificio, imponente, «dalle mura centenarie ma ancora stabili e forti per la grande progettualità alla base» chiosa Caldarola, è concepito come istituto comprensivo che accoglie i cicli delle elementari, medie e superiori. Le aule, luminose, accolgono classi di sessanta alunni, di diverso censo. È previsto anche un grande orto didattico.
«Questa scuola – ricorda Bucci – è un esempio di architettura realizzata con rigore e coscienza perché, come ha detto Renzo Piano, “costruire è un atto di responsabilità”». E tutto questo si evince dalla monografia.
Caldarola, infatti, dispensa cenni e spunti sul suo contenuto, narrando delle ricerche condotte, insieme a Bernardi, negli archivi poco ordinati del Comune; dei progetti originali e documenti rintracciati tra cui, raro evento, il libretto delle misure da cui è stato estrapolato il disegno di copertina.
Nel volume è raccolto anche il diario di un maestro ruvese di campagna aprendo, così, uno spaccato sulle scuole rurali disseminate nella Murgia e sulla necessità di diffondere l’alfabetizzazione, spesso assente in alcuni contesti nonostante la emanazione ed estensione a tutto il Regno di Italia della Legge Casati sull’obbligo scolastico, prima, e la Legge Gentile poi.
Lo studio è corredato di un interessante apparato fotografico, in cui confluiscono anche documenti conservati nell’archivio storico della scuola. E qui il dirigente Quatela fa un auspicio: «Disponiamo di un grande archivio storico, con documenti e registri d’epoca – è il registro del 1892 (nella foto, ndr) ne è testimonianza – che spero sia digitalizzato e per questo occorre l’intervento delle Amministrazioni pubbliche per evitare che il tempo e le non idonee condizioni di conservazione possano disperdere questo patrimonio».
Sulla necessità di custodire la storia, le tradizioni, il patrimonio linguistico ruvese attraverso contributi di studiosi e l’azione divulgativa punta Lauciello, orgoglioso che questo volume abbia avuto l’apprezzamento e l’interesse del MIUR e avanza a docenti e dirigente la proposta di aderire al concorso sulla lingua dialettale, aperto anche alle scuole.
Le conclusioni sono affidate all’assessora Filograno, sempre piacevolmente colpita dalla luminosità e dalle dimensioni dell’edificio – «superiori al “Flacco” e alla “Balilla” di Bari». La “Bovio” è una scuola che va vissuta anche al di fuori dell’orario consueto, è un patrimonio della città che può e deve trasformarsi in contenitore culturale da vivere, perché la scuola deve essere viva.
“L’istruzione elementare a Ruvo di Puglia. I tempi, i luoghi, i protagonisti” può essere acquistato presso l’Infopoint di Ruvo di Puglia, in via Vittorio Veneto 48.