ASL Bari, Procura e Regione a confronto per intervenire sul fenomeno “aggressioni”
La ASL di Bari incontra gli operatori e le istituzioni locali per sensibilizzare la comunità sul tema delle aggressioni fisiche e verbali in ambito sanitario. Oggi, in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, l’azienda sanitaria – insieme al Comito unico di garanzia (CUG) – ha organizzato nella sede dell’ex CTO un evento formativo aperto a tutti i dipendenti finalizzato ad analizzare il fenomeno e studiare misure preventive e nuovi protocolli operativi, a cui hanno partecipato il Procuratore della Repubblica di Bari Roberto Rossi, il direttore del Dipartimento Salute Regione Vito Montanaro, e il direttore generale Antonio Sanguedolce.
“Riflettiamo insieme anche attraverso protocolli operativi con Regione e aziende sanitarie per capire come intervenire – ha detto il Procuratore della Repubblica di Bari, Roberto Rossi – il ricorso alla violenza fisica e verbale non si verifica soltanto nel rapporto tra il paziente e l’operatore sanitario, ma anche dentro gli uffici, tra colleghi, in alcuni casi esercitando il potere. La peggiore forma di violenza è quella psichica, il maltrattamento, così come la violenza morale e di genere, di cui se ne parla ancora troppo poco: da qui l’importanza di diffondere la cultura della informazione e della prevenzione affinchè anche nei luoghi di lavoro ci sia maggiore tutela per tutti”.
Sono state 113 le segnalazioni di aggressioni raccolte dal Servizio prevenzione e protezione aziendale della ASL di Bari da gennaio a dicembre 2023. Un numero quasi triplicato rispetto alle 40 denunce del 2022: cresce, quindi, sia il numero di episodi critici sia il ricorso allo strumento delle segnalazioni all’interno dell’azienda. Oltre il 64 % delle aggressioni è stato esclusivamente di tipo verbale con una preponderanza di operatrici sanitarie aggredite. L’82 % delle aggressioni è stato di tipo “esterno” ovvero effettuate da pazienti, parenti/accompagnatori, utenti, ecc. ma sono giunte anche segnalazioni di aggressioni “interne” (aggressioni fra colleghi) pari a circa il 7 % del totale.
“Stiamo cercando di lavorare per ridurre il rischio – ha spiegato il direttore del Dipartimento Salute Regione Vito Montanaro – non possiamo militarizzare le strutture, dobbiamo piuttosto insistere su informazione, comunicazione e formazione. Spesso gli episodi scaturiscono dalla esasperazione dei cittadini che si sentono poco supportati, specie nei luoghi sensibili, penso ai pronto soccorso dove le attese ci sono ma l’80% degli accessi sono codici bianchi e verdi: per questo abbiamo fatto una pre intesa con la Medicina generale per poter trattare i pazienti non gravi nelle strutture territoriali, senza intasare gli ospedali e generare quindi situazioni di criticità”.
La comunicazione e la sensibilizzazione rappresentano un impegno da parte della pubblica amministrazione chiamata a promuovere una cultura che condanni ogni forma di violenza nei confronti dei lavoratori della sanità.
“Il fenomeno delle aggressioni agli operatori sanitari – ha dichiarato il direttore generale Antonio Sanguedolce – sia a livello locale che nazionale rappresenta un serio problema per la salute e la sicurezza dei lavoratori del settore sanità. I dati raccolti nel corso dell’anno 2023 confermano la dimensione del fenomeno, ma anche una maggiore fiducia dei dipendenti verso il proprio datore di lavoro, perché l’aumento delle denunce testimonia che si sentono maggiormente tutelati. Emerge, tuttavia, l’aspetto legato alla “violenza di genere” con una percentuale di operatrici sanitarie aggredite, quasi tre volte superiore a quella dei colleghi maschi. Su questo punto – speculare alla situazione socio culturale – è necessario individuare le più idonee misure di prevenzione da inserire sia nella procedura aziendale che nei programmi dei corsi di formazione specifica”.
L’area metropolitana è la più colpita con il 47% di eventi segnalati, di cui il 43% verificatisi all’interno del Comune di Bari. I medici (38,9%) e gli infermieri (18,6%) restano gli operatori maggiormente aggrediti con gli psichiatri, i medici dei SERD e la medicina penitenziaria fra le specialità più a rischio. Nel 16% dei casi l’aggredito ha fatto ricorso alle cure del Pronto Soccorso, con prognosi che variano da 1 a 30 giorni per un totale di 116 giorni di prognosi.
Nel corso dell’incontro – moderato da Vincenzo De Filippis, direttore del Dipartimento Qualità e sicurezza e da Lorenzina Proscia, presidente del Cug aziendale – sono stati affrontati diversi aspetti correlati al fenomeno: a partire dalla questione “di genere” nell’intervento di Stella Sanseverino, consigliera di Parità della Città metropolitana. La gestione integrata del “rischio aggressioni” in Sanità Pubblica è stata invece al centro dell’intervento di Danny Sivo – Coordinatore Regionale Progetto Sirgis (Sistema Integrato Di Gestione Della Salute e Della Sicurezza), mentre le problematiche legate al rientro in servizio sono state curate da Franco Polemio, in qualità di medico competente e le linee guida post trauma da Mauro Martucci, dirigente infermieristico delle Professioni sanitarie.
Gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari rappresentano quindi, a tutti gli effetti, un rischio relativo alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Nell’ambito delle procedure aziendali per la prevenzione e il contenimento degli atti di aggressioni agli operatori sanitari, adottate e recentemente aggiornate da ASL è previsto che ogni evento di aggressione sia segnalato al Servizio di prevenzione e protezione aziendale diretto da Fulvio Fucilli e al Rischio Clinico per consentire una analisi approfondita delle cause che hanno portato alla aggressione. A seguito della segnalazione, si procede con un audit reattivo, condotto tipicamente sul luogo dell’aggressione, con tutto il personale coinvolto (direttamente o indirettamente) nell’evento.