Religione

ARCICONFRATERNITA DI MARIA SS. DEL CARMELO: CENNI STORICI

Stesura a cura di Francesco Bernardi.

La “Confraternita di Maria SS. del Carmelo” fu istituita il 15 maggio 1604 su iniziativa di alcuni ecclesiastici e cittadini ai quali il vescovo Gaspare Pasquali concesse il nulla osta alla fondazione ed all’approvazione delle regole. Nello stesso anno al sodalizio fu concesso (con un pio legato di tale Don Giuseppe Ruta) il beneficio perpetuo dell’utilizzo della chiesa di S.Vito, con l’obbligo di restaurarlo in caso di necessità. Le regole statutarie furono poi confermate prima con una “Breve” di Papa Paolo V (23 dicembre 1615) e successivamente con un Decreto di Clemente X (14 settembre 1675).

La Congregazione divenne ben presto la più ricca e influente della diocesi di Ruvo di Puglia e svolse un ruolo fondamentale di controllo sociale tramite numerose iniziative di assistenza e beneficenza. Tali attività non si esaurivano all’interno della pia associazione ma coinvolgevano l’intera comunità rubastina.

Due confratelli, nominati mensilmente dal rettore, avevano il compito di visitare quotidianamente i carcerati, assistendoli materialmente oltre che spiritualmente. A tal fine i due associati, ogni giovedì, compivano un giro della città per chiedere l’elemosina. Ad altri due congregati, il martedì e il venerdì, spettava poi il compito di visitare gli ammalati, distribuendo cibo e medicinali forniti dal Monte di Pietà.

Durante il raccolto dell’orzo, del grano e dei legumi un’altra coppia di confratelli vagava per le campagne raccogliendo cibo da conservare per l’inverno o per far fronte alle necessità. In città si raccoglieva altresì il denaro per i lavori della fabbrica della chiesa di S. Vito e dell’oratorio confraternale.

Cosi come l’attività assistenziale, anche le pratiche cultuali e devozionali non si esaurivano nell’ambito della Confraternita ma erano indirizzate a tutta la comunità. In tal modo essa diventò un punto di riferimento per l’osservanza dei culti e dei comportamenti devozionali imposti dalla Chiesa all’indomani del Concilio di Trento. Tra i culti ricordiamo quello mariano, dell’Eucaristia e i culti di S. Marco e dell’Angelo Custode.

Molto sentito era poi il culto della Passione di Cristo e dei Misteri Dolorosi. Una prova sono le splendide statue commissionate dalla Confraternita che ancora oggi sfilano nella processione de “I Misteri” il Venerdì Santo.

Nel XVIII secolo, il regime borbonico produsse un’imponente opera legislativa che intendeva secolarizzare le congregazioni e i luoghi pii in generale.

Ciò ebbe due importanti ripercussioni sulla Confraternita del Carmine, fondata e costituita in buona parte da ecclesiastici e nella quale i prelati occupavano importanti cariche direzionali e amministrative. Nel 1752, per esempio, ben 42 dei 141 consociati erano chierici.

Le deliberazioni del Rescritto Reale del 21 luglio 1753, a più riprese ribadite anche negli anni successivi, ridimensionarono decisamente la presenza degli ecclesiastici nell’amministrazione delle Confraternite precisando che costoro dovessero essere sostituiti da laici nelle cariche ufficiali. Addirittura nel 1761 si prescrisse che i prelati non avessero alcun potere di scelta nell’elezione degli ufficiali, venendo persino diffidati dal presenziare alle riunioni per il rinnovo delle cariche amministrative in quanto elementi superflui e disturbatori!

Nel 1763, dunque, lo Statuto Confraternale fu modificato negli articoli concernenti la figura “ecclesiastica” del Rettore che fu sostituita da quella “laica” del Priore e in quelli che regolavano la pratica delle “questue”, ovvero la vendita di prodotti della terra per raccogliere offerte, per le quali era necessario chiedere l’autorizzazione regia che fu concessa da Ferdinando IV il 30 maggio dello stesso anno.

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