“APPIA, WORK IN PROGRESS”, LA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO EDITORIALE
Nell’ambito del Festival “La luna e i calanchi” ideato dal paesologo e scrittore Franco Arminio ad Aliano (MT), dal 22 agosto al 26 agosto, sarà presentato il progetto editoriale “Appia – Work in progress”, (crowdbooks editore), a cura dell’associazione Culturale Fotografica “Cacciatori d’Ombra” con il contributo di scrittori, giornalisti, musicisti e docenti universitari.
La presentazione “Appia per una via interiore” dedicata alla Regina Viarum avverrà venerdì 24 agosto, alle ore 15.00, nell’Auditorium dei Calanchi, con le poesie e le musiche di Vincenzo Mastropirro.
Non è un caso che il libro sia presentato nel Festival della paesologia, nel festival dedicato ai paesi dell’entroterra che diventano simbolo di accoglienza e danno voce a tutti. «L’Appia diventa la strada maestra – spiega il “cacciatore d’ombra” Mauro Ieva – da percorrere interiormente senza farsi imprigionare dal ricordo, ma vivendola sempre nel presente della nostra coesistenza nel mondo. Esiste una paesologia vivente eticamente rivoluzionaria in ognuno di Noi, nella mente. “Appia” può essere un contributo a questa “paesologia mentale”».
Per comprendere lo spirito del Festival, si legga il manifesto di Aliano redatto da Arminio.
1. Con la rete le persone parlano molto e leggono poco. Parlano un italiano sempre più asfittico, stentato. Un italiano così povero non lo avevamo mai sentito. bisogna assolutamente trovare il modo di far leggere gli italiani. L’impoverimento della nostra lingua è la prima emergenza nazionale.
2. La cattiveria una volta era un difetto. Oggi è diventata una precondizione per fare carriera. i cattivi hanno raggiunto la maggioranza e non hanno più paura di essere cattivi. E questa è la seconda emergenza nazionale. E qui il compito è molto complicato. Bisogna cominciare dalle scuole materne. Bisogna istituire una nuova materia: educazione al bene. Il bene nel mondo del capitalismo finanziario non può essere affidato alla volontà dei singoli, va protetto, va incentivato con risorse pubbliche.
3. Gli italiani stanno perdendo il senso della bellezza. Anche in questo caso ci vuole una nuova materia scolastica: educazione alla bellezza.
4. Una volta un dirigente politico era sempre il prodotto di una comunità che si confrontava e c’era qualcuno che appariva più brillante degli altri. Ora il dirigente politico è figlio dell’autismo corale. Bisogna assolutamente obbligare ogni partito politico ad avere delle sezioni, la rete deve essere solo l’ultimo anello della catena, non il primo. Un dirigente politico non può essere partorito dalla rete.
5. Gi italiani dedicano molto tempo a fornicare. Siamo diventati un popolo dedito alla pornografia. Il sesso non ha più vigilie e non ha più risonanze. Anche questa è un’emergenza nazionale che nessuno affronta. C’è bisogno di educazione sentimentale, con la rete le persone cercano gli altri, ma non sanno cosa e come cercare. Quello che una volta era l’amore ora è un gigantesco giocare a moscacieca.
6. In italia si mangia bene, ma c’è una preoccupante euforia intorno al mangiare. Appena apparecchi una tavola la gente non capisce più niente. Nessuno prega ma tutti vogliono mangiare. Il reflusso gastrico è uno dei pochi patrimoni condivisi. Bisogna assolutamente rieducare gli italiani alla frugalità.
7. I paesi. E’ incredibile che in una nazione piena di paesi non ci sia un pensiero, una visione su cosa siano o cosa debbano essere i paesi. Bisogna istituire un ministero dei paesi.
“Appia” (crowdbooks) www.crowdbooks.com
«Il viaggio e il senso di appartenenza, queste potrebbero essere le cifre di questo progetto, dove per viaggio si intende esplorazione e, per appartenenza, il fatto di essere “indigeni”.
L’ispirazione viene dal libro di Paolo Rumiz, Appia, in cui viene narrato il percorso fatto a piedi da lui e da altri suoi amici di una delle più antiche strade del mondo, certamente la più antica d’Italia, che ci restituisce un itinerario dimenticato, splendido e tragico allo stesso tempo.
Nel libro, lo scrittore esplicita un augurio che è anche un invito: che altri viaggiatori possano ripercorrere “questo bene scandalosamente abbandonato” per riappropriarsene prima che esso venga definitivamente cancellato.
Il progetto è l’accoglimento di questo invito. Una prima risposta di noi “indigeni” che quel bene abitiamo. La fotografia è il nostro linguaggio ed è con esso che abbiamo inteso ripercorrere l’antico itinerario nella sua parte meridionale, seguendo le mappe che sono state accuratamente preparate dai suoi primi viaggiatori contemporanei.
La visione di questa via propone una sua nuova immagine, che la faccia sentire nostra, evitando la retorica di una Puglia e Basilicata turistica o, come spesso si dice, da cartolina.
Una osservazione quasi analitica di quello che abbiamo incontrato sul percorso non in senso documentario ma interpretativo, in cui ogni autore si è calato secondo la sua cultura e sensibilità: una visione autoriale.
A guidarci è stato il privilegio di essere persone che su questa terra ci vivono, esso si traduce in un attraversamento lento e meditato proprio perché non di passaggio.
E proprio così che il bello e il brutto, il politico e il religioso, archeologia, ferrovie, piantagioni, chiese, fabbriche, svincoli e persone si fondono in unico sguardo.
Utili si sono rivelate le esperienze di chi ci ha preceduto, i viaggiatori ma anche i poeti e gli scrittori, non abbiamo dovuto inventare nulla ma, semplicemente, abbiamo “rivisto” ciò che già c’è. In fondo si tratta di un cammino e ogni cammino è quasi sempre un’esperienza collettiva anche se distante nel tempo.
Il nostro passaggio è uno dei tanti possibili nella costruzione di una nuova mappa di questa antica strada».