ANGELANTONIO MINAFRA CANDIDATO CONSIGLIERE REGIONALE NELLA LISTA “LAVORO, AMBIENTE, COSTITUZIONE” PER NICOLA CESARIA PRESIDENTE
NOTA DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
Angelantonio Minafra sarà candidato alla carica di consigliere regionale nella lista “Lavoro, salute, Costituzione” per Nicola Cesaria presidente. Una lista che si presenta fuori dalle solite coalizioni di candidati impresentabili alla ricerca di un posto al sole. Una lista che rifiuta la politica dei compromessi e dei favori e che lancia una sfida alla politica pugliese. Minafra, oggi ricercatore CNR nel settore delle malattie delle piante, è stato fra i fondatori del circolo della Legambiente a Ruvo nei primi anni ’80, con l’obiettivo della tutela delle aree murgiane dai poligoni militari, dalle cave e dagli spietramenti. Un impegno collettivo che ha portato alla istituzione del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. Negli stessi anni ha partecipato al movimento contro i missili NATO in Italia e contro la corsa agli armamenti nucleari. Dopo la nascita di Rifondazione Comunista, di cui è stato segretario cittadino, ha ricoperto la carica di consigliere comunale dal ’93 al ’95, battendosi contro espansioni ingiustificate del Piano Regolatore e contro il consumo di territorio.
“In una società avanzata e con una complessa rete di interessi fra i suoi settori economici, gli strumenti della decisione istituzionale ed i meccanismi che portano alla scelta della classe dirigente sono poco più che carte truccate, generalmente chiamati come ‘libere elezioni”, spiega.“Sono truccate soprattutto dalla ipocrisia dei partiti che vogliono conservare potere e sistema di sottogoverno (appalti, concorsi, spesa pubblica mirata) a proprio vantaggio, poi perché promettono delle cose e ne fanno poi altre funzionali agli interessi dei gruppi sociali che rappresentano. Infine, i voti dei cittadini non sono tutti uguali: gli sbarramenti vergognosi delle leggi elettorali la mancanza di proporzionalità garantiscono un enorme vantaggio alla ‘governabilità’ e sopprimono in modo assoluto la presenza di ogni voce di dissenso e di proposta”.
E quali sono le voci non più presenti da tempo sulla scena politica italiana e regionale?
“Quelle dei lavoratori a falsa partita IVA sottoposti alla schiavitù del moderno cottimo, dei giovani precari stritolati dai contratti interinali e a chiamata nei call center, alle casse degli ipermercati, fra i tavoli dei ristoranti, di laureati e diplomati che devono emigrare per cercare un lavoro decente senza inchinarsi al potente di turno, di chi raccoglie pomodori e frutta per un’intera giornata per due euro all’ora, dei manovali dell’edilizia o dei metalmeccanici che ancora oggi presentano un tasso di mortalità sul lavoro degno del secolo scorso, dei fattorini della logistica globalizzata che consegnano freneticamente merci che potremmo produrre sotto casa, degli infermieri addetti alla cura alle persone in una filiera sanitaria ormai vista come una azienda da spremere, dei piccoli commercianti schiacciati dai costi della grande distribuzione”. Di loro la maggioranza non voterà, perché non trova o non crede più in alcuna rappresentanza.
Infine alcuni punti del programma politico: “Bisogna modificare in Puglia il modello di sviluppo, per rispondere agli obiettivi sociali, alla tutela dei beni comuni e alla creazione di posti di lavoro: un turismo sostenibile e non invasivo, piccole-medie imprese innovative ad alto contenuto tecnologico, una filiera agro-alimentare che curi la qualità del cibo e dell’ambiente, il recupero di spazi e risorse delle aree interne, le energie rinnovabili dal solare e dei biogas dal ciclo dei rifiuti. Bisogna ridisegnare gli strumenti della decisione e del controllo, le priorità della spesa e soprattutto liberare la macchina burocratica dalle lobby tecniche legate alle organizzazioni di categoria e padronali. La Puglia e le regioni meridionali restituiscono ogni anno alla Unione Europea decine di milioni di euro dei fondi di sviluppo comunitari per la incapacità di utilizzarli per infrastrutture e spesa con ricadute sociali, soprattutto nell’agricoltura e nell’artigianato e piccolo commercio. Vuol dire che non esiste il personale tecnico ed amministrativo all’altezza di questo compito e la decisione politica è lenta e poco funzionale alla innovazione, quando non corrotta o clientelare”.