Attualità

A Ruvo di Puglia molta violenza domestica nascosta. Amore, educazione e condivisione gli strumenti per combatterla

Le donne “fiore di spada”, “più forti quando l’alba è vicina”, dalle mani ardenti cantate dalla poetessa ruvese Biagia Marniti hanno aperto l’incontro nella Sala Conferenze della Pinacoteca Comunale di Ruvo di Puglia, ieri, secondo giorno del calendario ruvese dedicato alla Eliminazione della Violenza contro le donne. L’ omaggio che l’Associazione Culturale “In folio” ha voluto rendere alla “nera” è dedicato anche a  tutte le donne, quelle fragili e quelle forti, quelle  a cui la vita sorride quasi sempre e quelle a cui “la fatica toglie anche il cielo”. In tutti i casi, le donne vivono sulla propria pelle, purtroppo sempre più con esiti tragici, il retaggio culturale che le vuole  “umili, devote, angeliche, eternamente comprensive, pronte al sacrificio” perché così deve essere.

Una cultura che va combattuta con l’educazione sin dai primi anni di scuola, come ha sottolineato l’Assessora alle Politiche Sociali Monica Montaruli che, quale figura istituzionale, ha fatto il “mea culpa” per tutte le volte in cui non si è stati in grado di percepire le situazioni di violenza che affliggono molte famiglie ruvesi, non sono stati presi provvedimenti efficaci contro tale fenomeno. “Ma lotteremo affinché questo cambi, perché presto attueremo il progetto “Fenice” con il Centro Anti Violenza “Riscoprirsi” che a Ruvo di Puglia ha uno Sportello aperto il lunedì pomeriggio dalle 17.00 alle 19.00, in via Solferino 1, dove possono rivolgersi tutti coloro che sono vittime di violenza, nel pieno rispetto della privacy.

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Chi ne ha bisogno trova conforto, aiuto e sostegno nelle operatrici, professioniste qualificate, che daranno vita a un percorso di liberazione dal tunnel della violenza ricostruendo il “sé” di ogni vittima. Perché per uscire dalla violenza o per non caderne vittima è necessario avere rispetto di sé stesse ed essere coscienti della propria dignità. E si comincia sin da piccoli come ha illustrato in modo efficace il corto “Giulia ha picchiato Filippo” scritto e diretto da Francesca Archibugi e promosso dal Dipartimento Pari Opportunità del Consiglio dei Ministri in collaborazione con l’Associazione “Differenza Donna”. Storie di donne vittime di violenza, di bambini vittime perché assistono ad episodi di violenza domestica. E poi la storia di Giulia che merita di essere narrata. Giulia è una bimbetta tormentata in continuazione dal suo compagno di classe Filippo. All’ennesimo dispetto, Giulia si difende mordendo il ragazzino. La piccola è messa in punizione nonostante dichiari di essersi difesa. Dopo, è una sequela di inviti, ammonimenti tesi a farle comprendere che lei non doveva difendersi in quel modo “perché è una femminuccia”, “perché se lo è meritato in quanto prima manda tanti cuoricini a Filippetto e poi lo tratta male” e alla fine deve chiedere “scusa”. Ammonimenti che provengono dal suo papà, dalla mamma di Filippo (“lui è un maschietto, si sa che i maschietti sono vivaci”), dalla maestra dei bimbi. Figure chiave perché la cultura del “rispetto di sé e degli altri” si sviluppa proprio in questi contesti.

Purtroppo questo non sempre avviene: c’è una sorta di refrattarietà a parlare di simili argomenti. D’altronde anche la Sala Conferenze, ieri, non era molto gremita, vuoi perché era sabato vuoi perché il 25 novembre è già passato, non è più la “Giornata Mondiale della Eliminazione della violenza contro le donne” o forse – si spera di no – perché l’argomento è ancora tabù. Purtroppo a Ruvo di Puglia si registrano molti casi di violenza ma allo Sportello di via Solferino 1 si rivolgono poche persone, come ha confermato la dott.ssa Patrizia Lomuscio, psicologa e criminologa, presidentessa dell’Associazione “Riscoprirsi”, che ha raccontato la storia del Centro Antiviolenza di Andria.

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Lei e una sua collega, Giovanna Pisani, hanno lottato strenuamente affinché fosse messa a disposizione delle vittime di violenza uno strumento efficace per difendersi e si sono scontrate con i muri di gomma della burocrazia, della diffidenza dei politici e della gente, dello scetticismo anche di chi voleva loro bene. Grazie a un bando di Principi Attivi, sotto l’amministrazione di Guglielmo Minervini, le due giovani professioniste realizzano il loro sogno, che diventa poi il sogno di tutti coloro che vogliono uscire dal tunnel della violenza domestica e di genere e danno vita, così, al Centro Anti Violenza che, attualmente, si rivolge anche a LGBT e agli uomini vittime di violenza da parte delle donne. Un percorso lento, costellato anche di abbandoni da parte delle stesse vittime che alla fine ritornano a essere parte del circolo vizioso della violenza. “Per questo è necessario operare su più fronti, attraverso la formazione professionale degli operatori, l’educazione dei piccoli, una maggiore efficacia dell’operato delle forze dell’ordine che spesso ignorano di informare le vittime della possibilità di usufruire dei centri antiviolenza”, continua Lomuscio. Ma poi deve crearsi anche una rete di solidarietà tra cittadini, informando, denunciando quando si viene a conoscenza di tali episodi.

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La serata ha avuto il suo culmine e la sua chiusura con il reading, introdotto dall’Assessora alla Cultura Monica Filograno, dell’attrice Raffaella Giancipoli dei Kuziba, liberamente ispirato a “Malamore. Esercizi di resistenza al dolore” di Concita De Gregorio e accompagnato dalle musiche del chitarrista Francesco Varesano. Storie di donne forti e fragili, operaie, fotografe, manager di successo (anche se non infrangono mai il tetto di cristallo!) che spesso sono ostacolate dalle loro stesse compagne di avventura perché è tanto forte il retaggio culturale che ci vuole sottomesse e dolci da guardare con sospetto chi intende ribaltare queste leggi. Di rosso vestita, come il sangue, come la passione, come l’amore che ci anima, Giancipoli ha dato voce a Franca, contabile costretta ad abortire diverse volte per non perdere il lavoro, costretta a firmare una lettera di dimissioni in bianco una volta che sia incinta fino a quando non le è spiegato che questi ricatti (il vero nome di tali patti!) sono puniti dalla legge (che queste parole siano lette dalle tante Franca) e che con una denuncia tutto ciò cesserebbe. Ha dato voce alla manager accusata di snobismo radical – chic, perché non è a casa a rassettare, a preparare da mangiare ai bimbi, perché tanto c’è il marito che pensa a tutto: ma, in fondo, che male c’è? Ha dato voce a Dora Maars, la donna “utile” dell’artista fagocitante che era Pablo Picasso, uomo terribile quanto artisticamente immenso. Uomo accentratore, che annientava la personalità di chi viveva accanto a lui. Uomini che odiano le donne, la loro libertà, la loro presunzione (in realtà diritto) a essere sé stesse. Il messaggio finale della serata è quello di amare sé stesse, la vita e di insegnarlo ai propri figli.

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