12 luglio 2016: PER NON DIMENTICARE
Il fuoco delle rotaie, il dolore delle famiglie, il ricordo di chi non c’è più.
12 luglio 2016, data impossibile da dimenticare. Nel rivolgere un abbraccio affettuoso alle famiglie delle vittime di quel drammatico incidente ferroviario, riproponiamo l’articolo di Nadia Amenduni che riassume quanto accaduto 8 anni fa.
Un forte boato a squarciare la quiete delle nostre campagne. Urla, lamenti di dolore e pianti tra le lamiere incandescenti sparse tra gli ulivi. Poi, un un silenzio ricco di incredulità e di smarrimento, interrotto solo dall’instancabile canto delle cicale. 12 luglio 2016: una data destinata a rimanere immortale nella memoria della nostra terra.
E’ un giorno feriale come tanti altri, un martedì estivo segnato da temperature decisamente troppo alte. In tanti affollano i treni delle Ferrovie del Nord Barese, ignari di quello che sta per accadere. Qualche altro giorno di lavoro o di studio e poi, finalmente, la corsa al mare per rifocillarsi da una settimana troppo calda, come sovente capita nei nostri paesini del Sud.
Poi, ad un tratto, in un istante fatale, una curva, lo scontro, il boato, la distruzione, la confusione, il sangue, la morte. Da quel momento in poi, nessuno di noi è più salito su uno di quei convogli senza pensare a quel disastro, a quella immane tragedia e al dolore che ha causato alla nostra terra.
Sono da poco trascorse le ore 11:00 quando sul tratto ferroviario, binario unico, che collega Corato e Andria, due treni di linea delle Ferrovie del Nord Barese, provenienti da direzioni opposte, si scontrano violentemente. L’impatto frontale, dopo la curva, ad una velocità elevata, è devastante. I vagoni si accartocciano tra di loro e si mescolano, alcuni pezzi di lamiera verranno ritrovati tra i campi, a centinaia di metri di distanza. Lo scenario è devastante.
Tra la paura e l’incredulità di essere sopravvissuti a tale tragedia, alcuni viaggiatori riescono a venir fuori da quello che rimane dei vagoni incidentati e a lanciare l’allarme. Dopo qualche minuto si riesce a localizzare il tratto interessato dallo scontro, iniziano ad arrivare i primi soccorsi da tutta la Regione. Viene immediatamente allestito un ospedale da campo per offrire ai feriti un primo soccorso prima del trasporto presso i nosocomi di Andria, Barletta, Bisceglie e Bari.
I soccorritori, sotto un sole torrido, iniziano il loro lavoro in una disperata corsa contro il tempo.
La terribile notizia dell’incidente inizia ad essere battuta dalle diverse testate giornalistiche online, i telegiornali trasmettono le prime immagini desolanti dal luogo della scontro. Sgomento e incredulità invadono le case dei pugliesi e dell’Italia intera: si prende, pian piano, la consapevolezza di essere al cospetto di un disastro senza precedenti per la nostra Regione.
In tanti diranno, successivamente, che ognuno di noi si è immaginato, in quei minuti, seduto in quei vagoni, con l’impazienza di giungere alla fermata del proprio paese di destinazione. Ed è proprio così. Quei treni che collegano i paesi del nord barese sono stati il mezzo di trasporto da sempre utilizzato da studenti e pendolari. Chi di noi non si è mai appisolato sugli stessi mentre raggiungeva l’università o il posto di lavoro? Quei vagoni ci hanno accompagnato in facoltà con l’ansia a mille prima di ogni esame importante e ci hanno riportato a casa con la gioia per una verbalizzazione in più sul libretto. Su quei sedili si sono susseguiti i nostri pensieri e i nostri progetti mentre, con le cuffie nelle orecchie, guardavamo dal finestrino le nostre campagne e contavamo i minuti che ci separavano dalle persone a noi care, pronte ad attenderci alla fermata successiva.
Quei convogli sono parte integrante della nostra terra, della storia personale di ciascuno di noi. Chiunque, quel maledetto 12 luglio, ha avuto la consapevolezza che su quei treni ci sarebbe potute essere lui. Quei sedili così tanto familiari, quella lamiere sparse ovunque tra i nostri ulivi, quelle immagini di dolore che ci hanno lasciati increduli davanti alla televisione non potranno mai essere dimenticate.
Così come anche non potrà mai essere dimenticata la grande solidarietà e il grande senso di comunità mostrato dai pugliesi. Sotto un caldo cocente, mentre si estraggono i corpi straziati dei feriti e il numero delle vittime continua a crescere di ora in ora, nel primo pomeriggio giunge alla popolazione una richiesta d’aiuto: c’è urgente bisogno di sangue. L’appello è presto accolto e in tanti affollano i centri trasfusionali più vicini per compiere il loro atto d’amore. Solo tre ore dopo, grazie alla prontezza dei numerosi volontari, viene ufficialmente comunicato che il numero di sacche raccolte sino a quel momento è sufficiente a sopperire all’emergenza sangue. 2724 è la conta finale dei pugliesi che doneranno in quelle ore il proprio sangue.
Man mano che le ora passano, mentre le prime autorità cominciano a giungere sul luogo della tragedia, Ruvo di Puglia trattiene il fiato: tra i dispersi, si cerca un giovane ruvese. Un grande silenzio avvolge l’intero paese. A spegnere ogni speranza è la comunicazione giunta prima di sera dal Sindaco Chieco. Antonino Summo, giovane ruvese di appena quindici anni, è stato riconosciuto dai familiari presso l’obitorio del Policlinico i Bari: è tra le vittime della tragedia. Stava rientrando da scuola, dove si era recato per recuperare un debito scolastico, quando la morte ha stroncato la sua giovane vita su quel maledetto unico binario. Antonio risulterà essere la più giovane vittima di quel disastro.
Nel nostro paese viene proclamato lutto cittadino sino al giorno dei funerali. I ruvesi, fortemente scossi, si radunano in una silenziosa e composta fiaccolata, stringendosi attorno a due giovani genitori che, con grande riserbo, stanno vivendo un dolore inimmaginabile.
Il funerale del giovane ruvese, officiato dal Vescovo Mons.Domenico Cornacchia, si tiene in forma privata presso la Chiesa di San Giacomo Apostolo. La volontà della famiglia di Antonio è quella di vivere in maniera assolutamente propria e intima l’ultimo saluto al “Gigante Buono” che amava la musica e, in particolare, la sua tromba.
I ruvesi si stringono attorno alla bara bianca ricoperta da orchidee posta nella navate centrale della Chiesa per l’ultimo saluto ad Antonino. Dopo la messa, la banda giovanile suona la marcia funebre mentre il feretro viene trasportato a spalla dai suoi amici in lacrime. Sullo sfondo, uno striscione realizzato dagli ultrà della curva nord del Bari recita: “Suona ancora per noi”.
Qualche ora prima, presso il Palasport di Andria, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dell’allora Presidente della Camera, Laura Boldrini, e del Governatore della Puglia, Michele Emiliano, si sono tenuti i funerali di Stato delle altre vittime del disastro ferroviario nel nord barese.
Dopo giorni di caldo rovente e sole, quel sabato 16 luglio, giorno dell’ultimo saluto alle vittime dello scontro ferroviario, una copiosa pioggia si abbatte sulle nostre città, come a volersi mischiare alle tante lacrime versate. Il cielo è grigio, l’atmosfera è tetra. Dopo aver seguito la diretta televisiva delle esequie ci si sente persi e svuotati. Quella ferita è impressa tra i nostri ulivi, tra le pagine più buie della storia della nostra Regione, nel dolore di chi in quella tragedia ha perso persone care e in quello di chi, seppur provato psicologicamente, è riuscito ad uscire vivo da quell’incubo.
Il processo giudiziario relativo al disastro ferroviario è ancora pendente innanzi al Tribunale di Trani. Nessuna responsabilità è stata ancora accertata. Di sicuro vi è, però, che quanto sta emergendo nel corso dell’istruttoria dibattimentale continua a scalfire una ferita sempre più profonda. Proprio un occasione di una delle ultime udienze è emerso, infatti, che prima di quel tragico scontro che ha causato la morte di 23 persone e il ferimento di altre 50, ben altre 146 volte si era sfiorata una tragedia simile.
In attesa che la magistratura accerti la verità dei fatti e chiarisca i contorni di questa triste vicenda, resta l’obbligo di ricordare quel